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Seconda Guerra Mondiale: i soldati statunitensi violentarono le donne francesi

 

Sono trascorsi 80 anni prima che Aimee Dupré parlasse dellabrutale aggressione subita da sua madredurante la Liberazione, quando la sua famiglia viveva in un villaggio della Bretagna, nel nord della Francia. Dopo ilD-Day, nel giugno del 1944, quasi un milione di soldati statunitensi, britannici, canadesi e francesi sbarcarono sulle coste della Normandia in un’operazione che poi avrebbe posto fine alla Seconda Guerra Mondiale. Nell’ottobre 1944, dopo la vittoria della battaglia per la Normandia, le autorità militari statunitensi processarono 152 soldati per aver violentato donne francesi. Macentinaia di stupri, forse migliaia,secondo la ricostruzione della storica americana Mary Louise Roberts,non furono denunciati.E avvennero fino al 1946, quando i soldati lasciarono la Francia. La madre di Aimee Dupré, Aimee Helaudais Honore, descrisse in una lettera laviolenza subita: era la sera del 10 agosto 1944, quandodue americani in divisasi presentarono alla fattoria della famiglia. «Erano ubriachi e volevano una donna -ha raccontatoall’AFPAimee Dupré, oggi 99enne, leggendo la testimonianza della madre – Mi hanno portata in un campo emi hanno violentato a turno, 4 volte ciascuno». La donna si era sacrificata per proteggere la figlia: «Mentre la violentavano di notte, noi aspettavamo – ha raccontato – senza sapere se sarebbe tornata viva o se le avrebbero sparato a morte». Nel 2013, con il libroWhat Soldiers Do: Sex and the American GI in World War II France, la professoressa di storia all’Università del WisconsinMary Louise Robertsfu tra le poche a ricostruire leviolenze perpetrate dai soldatistatunitensi nei confronti delle donne francesi. «Molte hanno deciso di rimanere in silenzio – ha detto la storica all’AFP -C’era la vergogna, come spesso accade con lo stupro». Parlarne apertamente era ancora più difficile perché, intorno a loro, tutti festeggiavano per la fine della Seconda Guerra Mondiale. «Dirlo a qualcuno?Era la Liberazione, tutti erano contenti, non volevo parlare di una cosa del genere, sarebbe stato crudele»,ha raccontatoJeannine Plassard, 89 anni. Sua sorella Catherine venne violentata a Plabennec, in Bretagna, da un soldato afroamericano, che prima di stuprarla uccise suo padre. Nel libroTaken by Force: Rape and American GIs in Europe in World War IIil professore di sociologia e criminologia allaNorthern Kentucky UniversityRobert Lilly, ha stimato che i soldati statunitensi commisero circa14.000 stupri in Francia, Germania e nel Regno Unito tra il 1942 e il 1945. Solo in Francia, tra il giugno 1944 e la fine della guerra, furono 3.500, secondo Lilly. Tra coloro che vennero processati,i condannati a morte furono perlopiù persone nere,alcune pare sulla base di false accuse: pesavano gli stereotipi razziali e, inoltre, erano più facili da rintracciare rispetto ai soldati bianchi, che spesso appartenevano a unità mobili. Dei 29 soldati condannati a morte per stupro nel 1944 e nel 1945, 25 erano neri. Dei 152 processati, secondo dei documenti datati 1944,solo 22 erano bianchi. Secondo Roberts, quando il comando militare si rese conto che “la situazione era fuori controllo”, si legge nel suo libro, “scelse di fare dei soldati neri i capri espiatori per trasformare lo stupro in un ‘crimine nero’ […] per mantenere la reputazione degli americani bianchi”. Secondo il libro di Roberts, inoltre,la propaganda americana non vendeva la guerra ai soldati come una lotta per la libertà, ma come una “avventura sessuale”: la rivistaLifescriveva che la Francia era “un tremendo bordello abitato da 40 milioni di edonisti che passano tutto il loro tempo mangiando, bevendo e facendo l’amore”. Il quotidianoStars and Stripes,pubblicato dalle forze armate americane,diffuseuna serie di frasi suggestive in francese da dire alle donne, come “Sei molto carina”, “Vuoi una sigaretta?” e “I tuoi genitori sono a casa?”. Quando Roberts pubblicò il volume in cui denunciò le violenze degli statunitensi sulle donne francesi, venne posta sotto sorveglianza dalla polizia: «La gente era arrabbiata con il mio libro perché non voleva perdere questo ideale della buona guerra, del buon soldato – ha raccontato aAFP -anche se questo significava dover continuare a mentire».

Redazione

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