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Italia: il 25% dei Millennials non avrà figli

 

Da ormai molto tempo l’Italia è raggelata da uninverno demograficodecisamente persistente. Negli ultimi indicatori demografici relativi al 2023 pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica, lanatalità inperenne discesafa il paio con iridotti livelli di mortalità, tanto che si riscontrano mediamente 6 neonati e 11 decessi ogni mille abitanti. Relativamente al calo demografico, ilnumero medio di figli per donnacontinua a ridursi di anno in anno, passando dal già basso 1,24 del 2022 a1,20 del2023. Fino a raggiungere i minimi nazionali fra le province sarde, molte delle quali registranolivelli di fecondità inferiori a un figlioper donna. Ne sono un chiaro esempio Cagliari (0,86) Oristano (0,93) Sassari (0,95) e Nuoro (0,99). Un crollo delle nascite così significativo contribuisce a fotografare unoscenario nazionalepiuttosto preoccupante. Lo si percepisce immediatamente dai dati provvisori riguardo i nati residenti in Italia, in tutto379.000, ossia ben14.000 nascite in menorispetto all’anno precedente. Attualmente, secondo l’Istat, il45,4% delle donnedi età compresa tra 18 e 49 anniè senza figli. Tra queste, il 17,4% delle intervistate afferma chenon intende avernein quanto non rientrano fra le proprie intenzioni di vita. Analizzando tale fenomeno lungo i vari decenni, è possibile ricostruire un percorso in cui l’andamento delle nascite si intreccia con lo scenario storico di riferimento. Dall’archivio di feconditàelaborato dall’Istat, infatti, si può notare come il tasso di fecondità sia stato particolarmente alto tra gli anni 50’ e ’60 del secolo scorso. Periodo conosciuto – non a caso- per ilbaby boom, ossia un’impennata delle nascite dovuto al miglioramento delle condizioni economiche del “miracolo italiano”, con una crescita economica che ha rapidamente stimolato la formazione di nuove famiglie. Circa il90% delle donne arriva ad avere almeno un figlio, con un tasso di fecondità totale attorno a 2,44 per quasi venti anni. La situazione poi si complica a partire dalla metà degli anni ’70, in cui il numero di nascite comincia a scendere fino ad arrivareper la prima volta sotto l’1,5 a partire nel 1984. Da lì in poi, il tasso medio continuerà costantemente a ridursi,raddoppiando la quota di donne senza figli(arrivata al 22% nel 1973) e contestualmente aumentando l’età media femminile di ingresso nel mondo della maternità (quasi 30 anni). Tanto che risulta già possibile prevedere cheuna donna su quattroappartenente alla categoria delle millennial(nate tra il 1980 e il 1994), arriverà alla fine della propria vita riproduttiva senza alcun figlio. Complessivamente, dunque, la quota di donne intorno ai 40-50 annichildlesspotrebbe salirefino al 25%, 3 punti percentuali in più rispetto all’epoca in cui sono nate. Un livello simile di denatalità contribuisce a uncircolo viziosoper cui, se negli anni precedenti sono stati messi al mondo meno figli, ci sarà unariduzione delle generazioni che entrano nell’età fertile. Tale ragione strutturale è accompagnata da una sempre piùbassa propensione a fare figli, originata da un sistema di welfare eassistenza alla natalità insufficienti, oltre che dall’incertezza economica di un mondo del lavorotristemente precario, specialmente per i giovani. Se guardiamo al resto dei paesi europei, la situazione è ben diversa. Si registrano tassi di denatalità decisamente più tiepidi rispetto ai dati italiani, anche grazie apolitiche sociali e incentiviposti a sostegno delle nuove famiglie. È il caso dellaGermania, dove il tasso di fertilità totale è pari a 1.58 (più alto della media europea, di 1.53) e la quota di donne senza figli passa dal 23% all’11% in base al livello di istruzione raggiunto. Merito dell’ingente quantità di fondi- circa il3% del Pil- che il governo federale destina nei servizi per l’infanzia e che permette, a esempio, di usufruire di asili nido gratis. Analogamente, gli sgravi fiscali messi a punto inFranciaper regolarizzare i rapporti contrattuali con colf e babysitter (ilCheque Emploi Service Universel) o i contributi fino a 500 euro erogati per ogni figlio a carico e sotto i vent’anni (l’Allocation Familiaire) hanno permesso al livello di donne senza figli di salire di appena 4 punti percentuali in oltre 40 anni, arrivando al15% per le millennial. La preoccupazione legata ai dati italiani si riflette in molteplici fronti, specialmente quello economico. Basti pensare allariduzione di forza lavorodovuta al minore numero di giovani nel mercato del lavoro, con gravi implicazioni nella già forte carenza di manodopera specializzata, e di possibili conseguenze negative in termini di crescita economica nazionale. Meno lavoratori significameno contribuentida cui il fisco italiano può prelevare le risorse per finanziare i servizi e pagare le pensioni, con un notevole appesantimento delle spese sociali a danno delle casse pubbliche. L’aumento costante dell’aspettativa di vita, cresciuta di 6 mesi in più rispetto al 2022 (83,1 anni) si traduce poi in unamaggiore pressione sui sistemi sanitari e previdenziali. Un sovraccarico provocato soprattutto dalla scarsa disponibilità di giovani in età lavorativa e che potrebbe avere come conseguenza unaumento delle imposte, per recuperare le risorse necessarie.

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