Libera, associazione di promozione socialecontro le mafie, ha presentato ufficialmente la terza edizione diRimanDati, report nazionale sullostato di trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, realizzato con l’aiuto della onlus torineseGruppo Abele,il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, Istat e oltre 100 volontari e volontarie. Un enorme monitoraggio civico nato perfare il punto sulla capacità degli Enti territoriali di far conoscere in modo completo e trasparente l’immenso patrimonio immobiliaresottratto alle mafie,così come disposto dagli obblighi normativi contenuti nel Codice Antimafia che, all’articolo 48,prevede la formazione di unapposito elenco pubblico e digitaledi tutti i beni confiscati e trasferiti agli enti assegnatari. La modalità di raccolta dei dati ha seguito un percorso di due fasi principali. In un primo momento, sono stati raccolti gli elenchi di tutti i Comuni rispettosi dell’obbligo, presentando contestualmente a tutti gli altri unadomanda di accesso civico semplice(strumento con cui ogni cittadino può accedere a diversi documenti e informazioni della pubblica amministrazione) contenente, per l’appunto, la richiesta di rendere noti o aggiornare gli elenchi già pubblicati. Nella fase successiva, sono stati controllati tutti gli elenchi dei Comuni che hanno risposto positivamente alla sollecitazione. Ecco che quindiil numero di Comuni che ha correttamente rispettato l’obbligo di trasparenza è salito da 504 a724 su 1.100 enti destinatari di beni immobili confiscati,pari a circa il65%del totale e quasi il doppio del 36,5% (ossia 392 comuni su 1.073) registrato nellaseconda edizione del report. Nonostante un simile incremento, rimangono comunquetanti gli enti territoriali a non aver accolto la domanda. 51 Comuni nel centro Italia, 87 nel nord e ben248 enti nel sud che non hanno pubblicato nessun elenco, dove tuttavia si registra una storica presenza mafiosa e si concentrail numero più grande di immobili sottratti (quasi 13.000),dato che il 77,1% delle città possiede beni confiscati trasferiti al proprio patrimonio immobiliare. Tuttavia, ben il66% dei 140 Comuni monitorati in Campaniapubblica correttamente gli elenchi, con unacrescita del 10%rispetto al 2022 che porta il ranking della regione a 72,3 (rispetto al 68,8 del primo controllo). Se esaminiamo infatti i punteggi a livello regionale, laLiguria si piazza in testacon l’87,5% di Comuni virtuosi, seguita poi da Emilia-Romagna (84,4%), Puglia (79,8%) e Piemonte (78,2%). Brutte notizie invece per laBasilicata, su cui non si registra alcun incremento tra la prima e la seconda ricognizione, dato che 2 dei 4 enti destinatari non hanno dato alcuna risposta alle domande di accesso inoltrate daLibera. Guarda tutte le immagini della gallery>1/4 2/4 3/4 4/4 Stesso discorso per laCalabria, dove le mancate risposte superano quelle ricevute dall’associazione e (con i suoi 66 Comuni su 133 che pubblicano l’elenco)non riesce a superare il 50% di enti virtuosi.Così come anche ilLazio che è fra le 6Regioni italiane assegnatariecompletamente inadempientipoichénon ha pubblicato alcun elenco. Anche se, guardando ai capoluoghi di provincia,Romaguadagna un punteggio di 74,6 (ben oltre la media nazionale), piazzandosi fra le città più trasparenti, mentre diverse zone del centro rimangono ancora piuttosto indietro, come, a esempio, la provincia di Frosinone, in cui13 Comuni su 15 non pubblicano alcun elenco, oppure nel viterbese dove sono solo 3 su 7 rispettano gli obblighi di trasparenza. Numerosi approfondimenti anche sulla modalità concreta di diffusione delle informazioni, dato che la trasparenza passa anche per l’efficacia comunicativa. Aumentano i comuni a pubblicare gli elenchi informato aperto(238 contro gli 82 del 2022) oppure in pdf ricercabile dal sito istituzionale, anche se rimane alto il numero di enti che scelgono semplicemente dipubblicare le immagini scansionate dei pdf. Si rilevano anche evidenti lacune nella redazione stessa degli elenchi, in quanto il 6,4% dei comuni non specifica i dati catastali, il4% non specifica la tipologia dell’immobile, il 6% non menziona la suaubicazionee il 30% non specifica leinformazioni essenziali sulla metratura e gli ettaridel bene confiscato. Il salto in avanti rispetto ai dati dell’edizione precedente fa ben sperare sull’efficienza del percorso diriqualificazione e riutilizzo socialedi enormi quantità di beni sottratti allamafiae finalmente ritornati in mano alla collettività. All’origine della inadempienza di molte realtà territoriali si annida, come sempre, la tradizionaleburocraziacherallenta ogni tipo di processo virtuoso:basti pensare ai2.688 immobilinel Lazio sequestrati alle mafie e già dati in gestione a un amministratore giudiziario nominato dal giudice, dunque sottoposti a confisca non definitiva e ancora in attesa di una assegnazione ufficiale. Circa13.000 immobili,poi, sono stati richiesti per essere impiegati in uno scopo sociale e principalmenteaffidati aenti del terzo settore, ossia organizzazioni come associazioni, cooperative ed enti filantropici che operano per fini sociali e senza scopo di lucro, che hanno potuto beneficiare di assegnazioni dirette di beni per 16,2 milioni di euro in diversi bandi dal 2020 al 2023 (con 67 immobili da 5,5 milioni ancora da assegnare nelle prossime convenzioni). Accelerare il percorso di riqualificazione vuol dire permettere a sempre più persone di beneficiare di beni strappati dalle mani della criminalità organizzata e riappropriarsi di nuovi spazi comuni.
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