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Cop29: l’Azerbaigian difende i PetroStati e i loro interessi fossili

 

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climaticirappresenta il momento dell’anno in cui tutto il mondo si riunisce per parlare diriscaldamento globale e temi ambientali, seppure tra tensioni geopolitiche e pressioni di lobby o gruppi d’interesse. In sostanza, circa 200 nazioni si ritrovano attorno a un tavolo e dibattono su come raccogliere maggiori finanziamenti per combattereil climate changee ridurrele emissioni di gas serra. Qualche ombra ora si proietta già sulla prossimaCop29, in programma dall’11 al 22 novembre 2024 aBaku, inAzerbaigian. Il Paese ospitante infatti ha appena fatto sapere che di fattodifenderà “il diritto” degli Stati produttori di petrolio e gas a investire in quel settore. Queste parole sono state pronunciate proprio dal più alto esponente azero sottolineando che, nonostantegli obiettivi climatici internazionalida raggiungere, la domanda dicombustibili fossilirimane elevata e che secondo lui questi ultimi saranno necessari per “gli anni a venire”. «Come capo di un Paese che è ricco dicombustibili fossili, naturalmente, difenderemo il diritto di questi Stati a continuare gli investimenti e a continuare la produzione perché il mondo ne ha bisogno», ha detto il presidente dell’AzerbaigianIlham Aliyevin occasione di una conferenza sulclimaa Berlino venerdì scorso,come riportaReuters. «Ma allo stesso tempo,i Paesi con combustibili fossili… dovrebbe essere tra coloro che dimostrano solidarietà rispetto alle questioni legate alcambiamento climatico», ha aggiunto. Aliyevha affermato inoltre chel’Azerbaigianaumenterà le sue esportazioni digas naturaleverso l’Europa per raggiungere i 20 miliardi di metri cubi entro il 2027. «Questo è un segno di responsabilità dell’Azerbaigian. Stiamo investendo in gran parte nell’aumento della nostra produzione perchél’Europa ha bisogno di più gasda nuove fonti». Le necessità occidentali sono aumentate in seguito all’invasione dell’Ucrainada parte dellaRussia, che poi ha tagliato le sue forniture. In generale, però, posizioni come queste fanno risuonare nuovi campanelli d’allarme perché è noto chela combustione di fossili per produrre energiacostituisce la principale fonte diCO2, tra le maggiori cause alla base delcambiamento climatico. Le emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia sono aumentate a un livello record l’anno scorso, come ha denunciato a esempiol’Agenzia internazionale per l’energia. Tra l’altroil vertice sul clima delle Nazioni Unitedell’anno scorso negliEmirati Arabi Uniti, tra diverse difficoltà, si è comunque concluso con un accordo globale che chiede la “transizione dai combustibili fossili” per raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. Intanto, cerca faticosamente di farsi strada l’idea ditassare le grandi aziende produttrici di combustibili fossi: riuscirci, potrebbe permettere di raccogliere900 miliardi di dollari in finanziamenti per il clima entro il 2030. A dirlo è il nuovo rapporto sulClimate Damages Tax. D’altra partese ne è discussoa margine dellaCop28a Dubaiese ne parla anche nell’alveo dell’Unione europea.

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