Le elezioni europee si avvicinano e, questa volta,per la prima volta,gli studenti e le studentesse fuorisede potranno votarenel proprio Comune di domicilio. Ma questa legge è transitoria edecadrà subito dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno:perché? La Svoltane ha parlato insieme a Thomas Osborn, uno dei membri del comitatoVoto dove vivo, che dal 2019 lavora per l’approvazione di una legge definitiva e completache garantisca a tutti i fuorisede di votare nel Comune di domicilio di elezione: «L’obiettivo finale è avere una legge stabile, definitiva e non una sperimentazione, checonsenta ai fuorisede di votare a tutte le elezioni»,non solo astudenti e studentesse. Il nostro comitato nasce a cavallo tra il 2018 e il 2019 nel II Municipio di Roma, che è il territorio delle universitàLaSapienzaeLuiss,che è abitato da molti fuorisede. E proprio qui abbiamo iniziato a ragionare sull’assenza del diritto al voto. Come comitato abbiamo scritto una proposta di legge che è stata deposita nel 2019. Voto dove vivoè un comitato aperto a tutte e tutti, non solo come “persone”, ma come associazioni, liste universitarie e liste civiche. E così è stato e sin dall’inizio, con tante realtà differenti che sono entrate a farne parte e ci danno una mano, in giro un po’ per tutta Italia: ci sono sia associazioni nazionali ma anche liste civiche di luoghi specifici, come per esempio Verona o Cesena. La vostra battaglia quindi è iniziata nel 2019? Sì, ma dopo il Covid è iniziato anche un altro tipo di lavoro, un tour che ogni tanto facciamo in cui andiamo in giro per il Paese a parlare del voto ai fuorisede e a raccontare la nostra proposta; un altro lavoro che abbiamo fatto è stato far depositare nelle amministrazioni locali gli atti di indirizzo per chiedere l’approvazione del diritto di voto per i fuorisede. Quello che ci distingue un po’ da altri comitati che negli anni sono nati è che abbiamo preferito sin dall’inizio partire con una proposta di legge e non con petizioni o proposte mediatiche. Ci rendiamo conto che le proposte che vanno avanti oggi sono quelle che fuori dalle aule sono accompagnate da mobilitazione, come è stato per esempio per la tampon tax o per i tirocini non retribuiti. Parliamo della legge per il voto ai fuorisede: a chi permette di votare e chi invece taglia fuori? La nostra proposta era (anzi è, perché di fatto è stata superata per queste europee… ma noi andiamo avanti) quella di far votare chi vive fuori dal proprio Comune di residenza per motivi di studio, di lavoro e di cura per le elezioni politiche, europee e referendum, consapevoli che l’allargamento alle elezioni locali e regionali, per quanto sarebbe auspicabile, è oggettivamente complicato. La legge, o meglio, l’emendamento al decreto legge per le elezioni europee, che è quindi una cosa che morirà il giorno 10 giugno, prevede una sperimentazione per le sole europee che introduce la possibilità di voto solo per studentesse e studenti. Quindi è un primo passo avanti… Sì, ma c’è da riconoscere il fatto che gli studenti e le studentesse fuorisede sono circa tra i 400.000 e i 500.000, mentre invece i fuorisede in totale sono 4,9 milioni. E dunque adesso si dà il diritto solo a un decimo di questa categoria. Il 17 aprile il vostro comitato ha presentato alla Camera 4 proposte per modificare questa legge prima di giugno. Che cosa avete chiesto e perché è importante che queste proposte vengano accolte? Questa novità rappresenta un passo avanti, e soprattutto abbiamo rotto le catene, questo tetto di cristallo rispetto al fatto che in Italia fino a pochi mesi fa il voto ai fuorisede era definito troppo complicato. Ora abbiamo superato l’impasse con questa sperimentazione, e questo è il vero messaggio positivo che vogliamo cogliere, perché comunque è un’ottima notizia. Ma è limitata: prima di tutto è rivolta solo agli studenti, e quindi si è scelto volontariamente di escludere i lavoratori; il secondo aspetto è che queste elezioni si svolgono in contemporanea con le elezioni amministrative, che non prevedono il voto fuorisede, e quindi costringono l’elettore a scegliere se tornare a casa e votare per entrambe o restare dove sono domiciliate e votare solo per le europee. Un altro punto critico è rappresentato dalle modalità con cui si accede al voto, e non solo nell’esercizio, perché è previsto lo spostamento nel Capoluogo di Regione qualora il Comune di domicilio e quello di residenza dovessero essere in due collegi differenti. Quindi Regioni che hanno più poli universitari dovranno accogliere anche fuorisede da altri grandi città. Per esempio se un ragazzo o una ragazza studia a Catania, ma è residente in un altro collegio del centro Italia, dovrà spostarsi a Palermo per votare. Un’altra criticità è rappresentata dalle tempistiche, perché? I tempi sono strettissimi. Durante la nostra conferenza stampa l’abbiamo sottolineato e abbiamo lanciato 4 proposte di emergenza per correre ai ripari: la domanda per votare da fuorisede va presentata entro il 5 maggio, che è ormai alle porte. Quindi, ciò che chiediamo si racchiude in 4 proposte, 2 rivolte al Governo e 2 alle università. Al Governo abbiamo chiesto di rendere disponibile il modulo per fare richiesta su una pagina informativa del Ministero dell’Interno, cosa che per altro è stata fatta all’indomani della conferenza, e fare una campagna informativa in televisione, come viene fatta in generale per tutte le elezioni a ridosso del voto. Noi vorremmo che questa campagna venisse fatta entro il 5 maggio. Alle università cosa avete chiesto invece? Alle università abbiamo chiesto di mandare una mail a tutti gli studenti e tutte le studentesse per informarli di questa possibilità: abbiamo lanciato l’appello ai rettori una decina di giorni fa e nel frattempo alcuni atenei si sono mossi in questa direzione. La seconda richiesta è facilitare le procedure per gli studenti che devono richiedere il certificato di iscrizione: in molti atenei è già una procedura semplice, che si fa online, però anche in questo caso non è così ovunque.
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