“Dobbiamo contarci per dover contare”. Parte da questa semplice eppure profonda consapevolezza la nuovamappatura 2020-2024 di Amleta, il collettivo femminista nato per contrastare la disparità e laviolenza di generenel mondo dello spettacolo,che ha misurato le percentuali di registe, drammaturghe, adattatrici e attrici nei Teatri Nazionali, Tric (Teatri di Rilevante Interesse Culturale) e Piccolo Teatro di Milano. L’indagine, realizzata in collaborazione con la Commissione Genere dell’Università di Brescia, è un’attività che si inserisce nell’ambito delGender Equality Plan 2022-2024e hapreso in considerazione il periodo 2020-2024, che copre le stagioni teatrali 2020-2021, 2021-2022, 2022-2023, 2023-2024. In totale si tratta di305 stagioni, 2.903 titoli di prosa e ben 18.602 posti di lavoro. Le donne nei teatri italiani sono il 35,1%, in media. La mappatura precedente, relativa al triennio 2017-2020, ne aveva registrate il 32,4%.Leregiste, però, sono solo 2 su 10, mentrepiù numerose sono le interpreti, che non raggiungono comunque il 40%(39,7%). Regia e drammaturgia sono i settori che incidono maggiormente su spettacolo e immaginario eppure i ruoli di primo livello rimangono un saldo dominio maschile. “Questi dati – spiega ilreport- evidenziano una disparità di genere significativa all’interno del settore teatrale, con differenze rilevanti nella presenza delle donne a seconda del ruolo considerato: mentre le donne sembrano essere più presenti come interpreti, la loro presenza diminuisce significativamente in ruoli apicali e strategici dietro le quinte come regia, drammaturgia e adattamento”. C’è di più:le registenon sono solo poche (22,3%) manon vengono nemmeno impiegate sui palcoscenici più prestigiosi, dove solo il 13,7% delle presenze è femminile.Stessa cosa vale per le drammaturghe: sono solo il 30,3% del totale, ma nelle sale principali questa percentuale scende al 23,2%. La presenza delle donne, quindi, “varia a seconda del tipo di ruolo e del livellodi prestigio e visibilità della sala teatrale. In pieno accordo con il fenomeno delsoffitto di cristallo, ampiamente analizzato per altri settori, le donne rimangono segregate verticalmente, non riuscendo a emergere in ruoli di comando come la regia e la drammaturgia”. Non solo: nel settore delteatroemerge anche “una segregazione in termini di visibilità.Le donne, quando presenti in buona percentuale,rimangono poco visibili e relegate alle sale secondarie, impedendo che il loro lavoro ottenga riconoscimento e prestigio, limitando il diffondersi di un messaggio alternativo a quello di stampo prettamente maschile”. Per misurare l’impatto culturale, oltre a quello occupazionale, la mappatura ha calcolato anche il prodotto tra partecipazione femminile e maschile per il numero di repliche, per poter stimare quante volte il lavoro di un uomo e di una donna viene mostrato in scena. I dati sono ancora più impietosi: “l’incidenza delle donne sulle repliche tende a diminuire rispetto alla loro partecipazione effettiva”. Le cose vanno ancora peggio se si guarda ai ruoli apicali.Se il numero di donne alla direzione dei teatri in generale è molto basso, solo il 17,9%, quello nei teatri nazionali è drammatico. Zero. Nessuna. Nemmeno una donna dirige uno degli 8 teatri nazionali del Paese. In generale, dalla mappatura emerge che nei Teatri di Rilevante Interesse Culturale, nelle sale secondarie dei teatri (Teatri Nazionali e Teatri di Rilevante Interesse Culturale) e negli spettacoli di ospitalità, ovvero in contesti dove il potere, la visibilità e lo status sono ridotti, l’ambiente sembra essere più inclusivo e accessibile alle donne che possono trovare maggior spazio.
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