Dal 2018, ovvero dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 229/2017,in Italia l’11 aprile di ogni anno si celebra la Giornata Nazionale del Mare. La ricorrenza è stata istituitacon l’obiettivo di diffondere consapevolezza sull’importanza della grande distesa blua livello di risorsa economica, culturale, scientifica e ricreativa, ma soprattuttoper incoraggiarne la tutela promuovendo comportamenti virtuosi da parte della collettività. Un’occasione, insomma, per invitare in particolare i più giovani, a famigliarizzare conquesto straordinario bacino di vitache,lo ricordiamo, è la principale fonte di ossigeno del nostro pianeta e fornisce sussistenza alimentare per oltre 3 miliardi di persone. In occasione della Giornata del Mare, vengono organizzate in tutto il territorio nazionale diverse iniziativetra cui attività didattiche nelle scuole, conferenze, seminari, azioni di pulizia delle spiagge e fondali, promozione delturismo sostenibile, mostre, eventi culturali, etc. Nonostante ciò, anche nel nostro paese,questo prezioso ecosistema è costantemente minacciato dainquinamento,microplastiche,pesca intensivae attività estrattive. Insomma, una data cerchiata in rosso sul calendario ha la sua utilità, ma non basta.Bisognerebbe osare di più, e pretendere, almeno per le acque territoriali di nostra competenza, l’attribuzione di personalità giuridica. È stato fatto nel 2017 in Nuova Zelanda col fiume Whanganui, nel 2018 in Colombia col Rio delle Amazzoni e l’Amazzonia, nel 2019 col Golfo dell’Uruguay, nel 2021 in Canada per il fiume Magpie e lo stesso si sta tentando di fare in Messico col Mare di Cortez. È vero, in Italia esistono già leggi e regolamenti che tutelano l’ambiente marinotra cui il Codice dell’ambiente (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), la legge quadro sulla Protezione dell’ambiente marino (n. 979 del 18 dicembre 2001), la Normativa sulla zona economica esclusiva, più regolamenti specifici sulla pesca, sull’acquacoltura e piani di gestione del mare e delle zone costiere. Ma un conto è stabilire norme di protezione di un determinato contesto ambientale, un altro sancirne diritti fondamentali quali per esempio la tutela e la salute. Col riconoscimento del mare come personalità giuridicaquesto avrebbe rappresentanza legale in tribunale, sarebbe cioè possibile intentare azioni legali e chiedere danni, emettere ordini restrittivi o procedimenti penali in caso di violazioni gravi, nonché disporre ingiunzioni e ordinanze per fermare immediatamente le attività che lo danneggiano. In sintesisi otterrebbe un riconoscimento legale più forte e specifico, garantendo di conseguenza una maggiore protezione rispetto alle leggi convenzionali. Una soluzione di questo tipo, poi, aprirebbe la strada a nuove forme diinnovazione legale e sociale tra cui lo sviluppo distrumenti giuridici e istituzionali per la sua tutela, nonché a modelli di gestione sostenibile a salvaguardia del suo ecosistema e dellabiodiversità. Lo sappiamo bene, il nostro idealismo appare sconfinato, eppure ne siamo certi,l’unica strada per garantire un futuro del nostro Pianeta è riconoscerlo almeno come nostro pari. I francesi chiamano il mare,la mer, al femminile, come fosse la genitrice da cui tutti dipendiamo. Privereste vostra madre dei suoi diritti fondamentali? *L’articolo originale su Bolina.it
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