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La Perla: storia di resistenza e lotta femminile

 

“La Perla mia, La Perla in fior, tu sei la vita, tu sei l’amor”. Le parole di questa canzone, riadattata dallelavoratrici deLa Perla,risuonano nella storica sede dell’azienda in via Mattei a Bologna e le accompagnano in ogniprotestache, da anni, stanno portando avanti. «Come è possibile rimanere in silenzio mentreun’azienda che ha tutte le caratteristiche per svilupparsi vienechiusa?». Stefania Pisani, segretaria generaleFilctem-Cgil, pronuncia queste parole con un tono tanto deciso da far trasparire un po’ di amarezza. Da anni al fianco delle lavoratrici diLa Perla, storicaazienda di lingerie di lusso bolognese, si è sempre battuta contro la chiusura del marchio. Una lotta che, a gennaio, è arrivata fino aBruxelles. In presidio davanti al Parlamento europeo, più di 40 i rappresentanti dell’azienda, tra dipendenti e rappresentanti sindacali, si sono riuniti indossando una t-shirt rossa con su scritto“La Perla. Storia Presente Futuro”. Nella Capitale Belga le dipendenti e i loro rappresentanti sindacali sono statericevute al Parlamento europeoper discutere dellavertenza che riguarda il fallimento del brande delle sue implicazioni internazionali.Il dito è puntato controTennor, il fondo olandese gestito dal finanziere tedesco Lars Windhorst, che dal 2018 possiede l’azienda. L’accusa principale portata avanti da queste lavoratrici è quella difinanza speculativache, come ricorda Pisani «riguarda tutte le altre aziende alle prese con una situazione analoga a quella deLa Perla, acquistate da fondi internazionali che promettono finanziamenti che non si realizzano e che sfuggono dal confronto con le istituzioni». Sembra, infatti, che il fondo olandese stia cercando dimettere la parola fine alla storia del brand bolognese.Anche l’ultimo store diLa Perla,in via Bocca di Leone a Roma, è stato chiuso a dicembre, ma questa battaglia declinata al femminile non si fermerà facilmente. «Nella sede deLa Perladi Bolognasiamo circa 300 dipendenti e non riceviamo lo stipendio da ottobre -racconta Stefania Prestopino, grafica digitale delbrand- Se la nostra azienda finisse nelle mani giuste avrebbe tantissimo da offrire in termini di ricchezza e di lavoro. In questo momento stanno distruggendo un’azienda storica, un patrimonio che non è riproducibileperché per imparare un certo tipo di lavorazioni ci vogliono degli anni». Fondata a Bologna dalla stilista Ada Masotti nel 1954,La Perlanon tarda a diventare una delle più importantiaziende di lusso italiane,contando da sempre sullamaestria tessile delle proprie sarteche realizzavano una preziosa corsetteria di sete e tessuti lavorati a mano. Alla morte della fondatrice l’azienda passa nelle mani del figlio, Alberto Masotti, che, come racconta Prestopino, «aveva istituito una vera e propria scuola al suo interno, in cui le ragazze imparavano le lavorazioni tessili, generando un ricambio generazionale». Masotti porta avanti il marchio fino al2008, quandola crisi finanziaria colpisce il Paese, e lui decide divendereLa Perlaal fondo americanoJh Partners, che dopo vari tentativi di rilancio, ha ceduto la società a sua volta nel 2013. L’acquisto da parte dall’imprenditore Silvio Scagliasembra inizialmente poter sancire il rilancio dell’azienda, ma dopo pochi anni, nel 2018, a seguito dell’ennesimo fallimento finanziario,La Perlaviene rimessa sul mercatoe acquistata dalla società olandeseSapinda Holding(oggiTennor), di proprietà dell’investitore tedesco Lars Windhorst. L’azienda si è trovata vittima dello stesso destino di molti altri brand di lusso italiani, inizialmente caratterizzati dall’unicità artigianale localeche non viene compresa dai grandi investitori esteri che li acquistano e li ripropongono sul mercato globale. Oggi le lavoratrici del marchionon ricevono la retribuzione da mesi,anche dopo le promesse diTennor, che a giugno, durante il primo incontro ufficiale con laRegione Emilia-Romagna, aveva assicurato unfinanziamento da 70 milioni di euro mai arrivato.A settembre l’annuncio ufficiale della liquidazione dell’azienda, in occasione della seduta con il Ministero del Made in Italy. «Sin dall’acquisizioneTennornon ha mai adottato una politica di finanziamento chiara né un piano industriale solido – commenta Pisani – Il motivo per cuida mesi protestiamoè chiedere alla politica che svolga il suo ruolo ditutela delle aziende manifatturieree di controllo sulla finanza speculativa». La vicenda dello storico marchio di lingerie va avanti a piccoli passi, ma rimane molto complessa, perché si svolge su due binari paralleli: da una parteLa PerlaManagement Uk Srl, proprietaria del marchio, e dall’altraLa Perla Manufactoring Srl, dove effettivamente si svolge il lavoro di manodopera per la realizzazione dei capi di lingerie di lusso. Dopo l’annuncio di fallimento è arrivata anche la dichiarazione di liquidazione a gennaio da parte del fondo olandeseTennor. Il futuro deLa Perlaè, allora, tornato a Bologna, con l’apertura dellaprocedura di liquidazione giudiziale da parte del Tribunale perLa Perla Management Uk Srl,proprietaria del marchio, così da impedire il fallimento. L’azienda con sede a Londra era già posta sotto sequestro da inizio gennaio, per timore che potesse vendere ilmarchio senza lamanodoperaitaliana. Nel frattempo, rimanevano sempre più incerte le sorti deLa Perla Manufactoring Srl, che soltanto ilprimo febbraioha ricevuto la dichiarazione di“stato di insolvenza” dal Tribunale di Bologna. Unastoria di resistenza femminile,nata in un’azienda composta al90% da donne,che fin dal principio è stata caratterizzata da modi e pratiche nuove per reinventarsi e resistere. Dal prodotto reinventato in mancanza di alcuni elementi per rimanere sul mercato, alla creazione di nuovi modi creativi per opporre resistenza alla chiusura. Così in questi mesi è nata la produzione di reggiseni senza ferretti (perché l’azienda non aveva i soldi per acquistarli), mentre è stato realizzato un canzoniere che raccogliesse i canti portati in strada dalle lavoratrici durante le proteste. Una lotta che assume i caratteri delle lavoratrici che l’hanno creata.Una battaglia rumorosa, sonora, artistica e testarda,di donne che nel loro lavoro hanno sempre avuto a che fare con il bello e l’arte e hanno riportato questi due elementi in strada.

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