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Etiopia: quando la moneta è debole, la salute soffre

 

In un’incisione diPieter Bruegel il Vecchioè rappresentata, quasi come in una vignetta, unabattaglia tra salvadanai e cassefortiricolme di denaro, probabilmente per indicare come le guerre (siano dichiarate per motivi dinastici o questioni di principio, siano questi principi laici o religiosi) alla fine sono sempre volte asoddisfare appetiti economici. Nelle capacità visionarie di Bruegel forse però la battaglia rappresentava anche quanto lafinanza(siamo nell’Europa del 1500 che già conosceva banchieri e finanzieri) possamietere vittime come una guerra. Tornando ai nostri giorni, l’invasione russa dell’Ucraina, unita a contrasti geopolitici di varia natura, ha creatotensioni inflazionistichein quasi tutti i Paesi del mondo e, quando c’è un rischio di conflitti, si sa, chi se ne avvantaggia, almeno sotto il profilo del cambio, sono sempre lemonete forti, principalmente il dollarocon buona pace di quanti intravedono da anni il declino di quello che definiscono l’impero americano, e a farne le spese sono sempre i più deboli. Cosìse noi europei limitiamo i danni grazie a una valuta ancora forte qual è l’euro,altrettanto non possono dire iPaesiafricani,almeno quelli fuori dall’area delfrancoCfa(Comunità Finanziaria d’Africa,un tempo Colonie Francesi d’Africa), che lega la valuta indirettamente a un cambio fisso con l’euro, garantito dallo Stato francese, limitando le tensioni legate ai cambi per Paesi che non avrebbero una moneta forte. Pensando alle singole Nazioni,la mancanza di valute forti sta causando vere e proprie emergenze,come in Nigeria, la cui moneta si svaluta a una velocità impressionante nonostante i tentativi di rafforzarla da parte della banca centrale (giunta perfino a ostacolare con tutti i mezzi anche le criptovalute, divenute una sorta di bene rifugio come il dollaro e l’oro) e dove ormai tutti i prezzi sono alle stelle. La situazione è talmente grave dacondizionare la possibilità di nutrirsiper ampie fasce della popolazione, al di là delle difficoltà del continente africano; a dare un segno della gravità sono lerivolteche scoppiano anche nelleprigionia causa della scarsità del cibo nelle relative mense. Altro Paese in grave difficoltà è l’Etiopia, con i suoi 123 milioni di abitanti.La Nazione sta soffrendo unapenuria devastante di medicinali, praticamente assenti dalle farmacie e venduti a prezzi proibitivi per la maggioranza di una popolazione che vive di poco al di sopra della soglia di povertà. Per capire cosa sta accadendo, bisogna avere presente che in molti Paesi africani non c’è una produzione nazionale di farmaci, che sonospesso importati dall’India,che è un grandissimo produttore di medicinali generici esportati in tutto il mondo. E sebbene l’India, nei limiti degli scambi con i singoli Paesi consenta il pagamento con una sorta dirupia elettronica (con il sistemaVostro Account),di fatto i Paesi che non hanno molto da esportare continuano a pagare con valute forti (tipo dollaro e euro) se le hanno. Purtroppo peròle riserve della banca centrale etiope non sono in grado di sostenere gli scambie tanto meno un cambio che renda non esorbitanti i prezzi. Gli scambi ufficiali del dollaro contro la moneta locale (il Birr) sono infatti penalizzanti e ancor peggiori sono quelli sul mercato nero delle valute cui si affida chi, essendone in possesso, vuole cambiare in dollari. Ciò sta portando a un vero e propriomercato nero dei medicinali,sostenuto dal contrabbando con il confinante Kenya, con risultati facili da immaginare per i più poveri. Fin qui i fatti, da cui si possono trarre almeno due considerazioni. La prima è chevari Paesi africani necessitano di un’industria propria per potere fare fronte ai bisogni primarie ciò richiede non solo investimenti in termini di capitale ma anche la formazione di personale qualificato. L’altra è applicabile a tutti i continenti. Da quando l’essere umano ha superato l’economia del baratto,lemonetela fanno da padrone e nessuno Stato, se non è autosufficiente, può permettersi unavaluta debole:le unioni monetarie allora sono necessarie non perché arricchiscono le banche, ma perché difendono il potere d’acquisto dei più deboli che sono gli unici che non possono proteggersi.

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