Google e Metahanno un problema con lasalute riproduttiva delle donne.Non di tutte, però:le due aziende sono infatti accusate diostacolare la diffusione di informazioni sull’abortoinAfrica, America Latina eAsia,secondo il rapporto redatto daMsi Reproductive Choicese dalCenter for Countering Digital Hate. Per esempio,Msi Ghanaha segnalato che espressioni come“opzioni di gravidanza”sono state consideratenon conformi alle linee guida della community di Google;o ancora, lasezione vietnamitadell’organizzazioneha invece segnalato la rimozione di annunci suFacebookche promuovevanoinformazioni digitali sui metodi contraccettivi. «In Africa, Facebook è il luogo di riferimento per informazioni sulla salute riproduttiva per molte donne– spiega Whitney Chinogwenya, responsabile marketing globale diMsi– Abbiamo ampliato le nostre operazioni digitali per soddisfare la domanda, ma facciamo fatica a fornire informazioni affidabili alle donne che ne hanno bisogno». «Ci occupiamo di tutto – aggiunge – dalla menopausa alle mestruazioni, ma abbiamo scoperto chetutti i nostri contenuti sono stati censurati». Insomma,sembrerebbe che Meta applichi valori socialmente conservatori di stampo statunitense sui post pubblicati in Paesi con politiche più progressiste, come ilSudafrica, dove l’aborto è legale nelle prime 20 settimane di gravidanza. Allo stesso modo,Msi Messicoha fatto presente che i suoi post suFacebookriguardanti l’abortosono stati cancellati dalla piattaforma, nonostante l’interruzione volontaria di gravidanza sia stata depenalizzata a settembre in diverse regioni del Paese. Chinogwenya è preoccupata per il fatto cheMetastia lavorando a “senso unico”, lottando contro le informazioni legate all’abortopermettendo però la diffusione di annunci che diffondono informazioni sbagliate, come a esempio affermazioni sui pericoli mortali legati agli aborti medici. Leggendo il rapporto, inoltre, si scopre chesono state indentificate pagine fake diMsisuFacebook, 5 localizzate in Kenya:queste spesso appartengono afornitori illegali di aborti, centri o truffatori che vendono online prodotti inefficaci. «Alcune pagine appartengono a chi pratica illegalmente aborti, altre appartengono a centri che si spacciano per cliniche abortive per scoraggiare e impedire alle donne di interrompere la gravidanza. Ma ci sono anche molti truffatori: le donne spesso vengono nelle nostre cliniche dopo che sono stati venduti loro farmaci inadeguati, dall’aspirina ai lassativi». Per di più, le clinicheMsiin Ghana sono state bersaglio di una campagna didisinformazione su WhatsApp, di Meta. «Mettere in atto un sistema di verifica per le informazioni e i servizi sulla salute riproduttiva è una delle cose migliori che Meta potrebbe fare – ha detto Esi Asare Prah, responsabile della difesa e delle relazioni con i donatori diMsi Ghana -«Che si tratti di contenuti che promuovono la disinformazione sanitaria o che indirizzino donne e ragazze verso servizi non sicuro, alla fine ci sono persone reali che vengono penalizzate». In risposta alle accuse, il portavoce diMetaRyan Daniels, ha affermato chela piattaforma diffonde post e annunci che promuovono servizi sanitari, purché rispettino le regole della community,inclusa la normativa sulla disinformazione e la pubblicità di farmaci soggetti a prescrizione: «Vietiamo gli annunci che includono disinformazione o fuorviano le persone sui servizi forniti da un’azienda, ma esamineremo il contenuto di questo rapporto». Ancora, un portavoce di Google ha sostenuto chenon ci sono esempi nel rapporto che dimostrino una violazione delle politiche della piattaforma: «Questo rapporto non include un singolo esempio di contenuto che viola le nostre norme, né alcun esempio di applicazione incoerente. Se gli annunci sono stati limitati, è probabilmente dovuto allenostre politiche di lunga data contro il targetingdi persone in base a categorie sanitarie sensibili, tra cui la gravidanza».
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