Il conflitto israelo-palestinese, dal punto di vista geopolitico e sociale, è probabilmente uno dei più complessi e delicati della storia contemporanea:tutto ebbe inizio nel 1947, quando le Nazioni Unite votarono per la spartizione del mandato della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo che, però, non decollò. Le tensioni sembrarono assopirsi nel1948, con ladichiarazione d’indipendenza dello Stato di Israele, ma la storia ha voluto che questa data segnasse soltanto un ulteriore punto di inasprimento delle ostilità. La situazione è peggiorata sempre di più negli anni, raggiungendo un punto di non ritorno nel2006, con lavittoria alle elezioni di Hamas,il partito radicale islamista. Da allora, Israele impose unembargo totale sull’enclave, esercitando uncontrollo dello spazio aereo e delle acque territoriali che portò al collasso dell’economia palestinese. Da una parte, i Governi occidentali hanno sostenuto la soluzione dei due Stati, mentreNetanyahu, il primo ministro israeliano, ha chiaramente espresso la suaopposizione alla costituzione di uno Stato palestinese, sostenendo l’annessione totale o parziale della Cisgiordania. Il7 ottobre 2023, le milizie di Hamas, uscendo dalla Striscia di Gaza, hanno attaccato Israele; da dicembre, però, gli orizzonti del conflitto si sono ampliati, aprendo un“fronte” parallelo sul Mar Rosso. Alla fine del 2023, gliHouthi, un gruppo politico e militare sciita-zayadita delloYemen, vicino a Hamas,ha iniziato a rallentare e bloccare le navi mercantili dirette in Israele,come forma diritorsione contro i bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza. Ma qual è il ruolo degliHouthinel conflitto israelo-palestinese? Da sempreopposto a Israele e agli Stati Uniti, nel contesto della coalizione dei Paesi arabi il gruppo si èunito all’Iran per sostenere il popolo palestinese. Alla fine dello scorso anno, il leaderMohammed Abdul Salamha annunciato il loro coinvolgimento nel conflitto, in collaborazione con Hamas e l’asse della resistenza guidato dall’Iran. Da allora,gli Houthi detengono il controllo dei traffici marittimi che risalgono dallo Stretto di Bab el-Mandeb verso ilMar Rosso, tra la costa dello Yemen e quella del Gibuti, rotta vitale con circa il12% del traffico marittimo mondialeche transita attraverso questa zona. Di conseguenza,le navi mercantili sono costrette a circumnavigare l’Africa, passando per il Capo di Buona Speranza, aggiungendo circa 3.000 miglia nautiche al percorso, che corrispondono a oltre 5.500 chilometri in più. Per il movimento yemenita, la guerriglia nel Mar Rosso ha unsignificato politico e simbolico di enorme valore: con le loro azioni,intimano Israele a porre fine alle ostilità contro Gazae al blocco dell’enclave palestinese. Ma, essendo che lo stretto di Bab el-Mandeb, che separa lo Yemen dall’Africa orientale e conduce verso nord verso il Mar Rosso e il Canale di Suez, è appunto uno deichoke points(“collo di bottiglia”) più cruciali delle rotte internazionali, insieme agli Stretti di Hormuz e Malacca,le conseguenze si ripercuotono a livello globale. Gli effetti della crisi nel Mar Rosso Se inizialmente gli attacchi sembravano mirati alle navi legate a Israele,è diventato presto evidente che gli obiettivi sono stati scelti in modo del tutto indiscriminato, mettendo a rischioqualsiasi nave in transito, tanto chele grandi compagnie dicontainer-shippingmondiali hanno annunciato una sospensionea tempo indeterminato del transito nello Stretto di Bab el-Mandeb. L’allungamento della rotta per evitare la zona, poi, ha un forte impatto di carattere economico: secondo le analisi della societàXenetariportate dalFinancial Times, le tariffe per l’imbarco standard da 12 metri circa sulla rotta Shanghai-Rotterdamsono più che raddoppiate, salendo da 1.400 a 3.100 dollari da metà dicembre. Ancora, secondo le stime della società di analisiBraemar, il viaggio di una petroliera dal Medio Oriente all’Europa, con un carico di diesel da 85 milioni di dollari, arriva a costare5 milioni di dollari, quasi2 milioni in più rispetto al periodo precedente gli attacchi. Per l’Italia e per gli altri Paesi del Mediterraneo, il blocco del Canale di Suez significa unariconsiderazione della centralità del Mar Mediterraneo, che sulla nuova rotta attraverso il Capo di Buona Speranza smette di essere un passaggio obbligato. Un cambiamento, questo, chepenalizza gli hub portuali, portando a un aumento dei prezzi finali. Focalizzandoci sull’Italia, in base agliultimi dati disponibili, il commercio (import + export) con i Paesi direttamente o indirettamente influenzati dalla crisi nel Mar Rosso ammonta a161,7 miliardi di euro, rappresentando il 12,6% del totale del commercio estero del nostro Paese. Di questi, 110 miliardi di euro (e dunque il 68% circa) riguardano le importazioni, mentre le esportazioni riguardano il restante 32% (pari a 51,7 miliardi di euro). Il che, si traduce in un impatto negativo sull’importazione delle merci,con una possibile dilatazione dei costi. Più nello specifico,Lombardia e Veneto emergono come la realtà più a rischio: la Lombardia registra circa 30,4 miliardi di euro di importazioni dai Paesi coinvolti, mentre il Veneto si avvicina ai 17 miliardi. Seguono Emilia-Romagna, con 9,3 miliardi, e il Lazio, con 7,4 miliardi. Che cos’èAspides? In questo scenario,il 19 febbraio i ministri degli Esteri dei Paesi dell’Unione europea hanno approvato una nuova missioneper ripristinare la sicurezza marittima nel Mar Rosso e nella parte settentrionale dell’Oceano Indiano. La missione, denominataAspides, durerà12 mesie il suo obiettivo è quello diproteggere e tutelare le navi commerciali in transito nella regione. E, come ogni azione militare,include l’autorizzazione ad aprire il fuoco contro presunti attacchi in acque internazionali. Questo impegno dell’Unione europea segue altre iniziative già in corso nell’area: poco dopo l’inizio della crisi nel Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno creato unatask forcenavale con diversi Paesi, laProsperity Guardian, che, a differenza della missione europea,consente di attaccare il territorio yemenita. Parallelamente, è attiva anche laEuropean Maritime Awareess, operativa dal gennaio 2020 tra l’Oceano Indiano e il Golfo Perisco, coinvolgendo Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo. Infine, un’altra importante iniziativa è laCombined Maritime Force, una partnership marittima che coinvolge 41 Paesi.
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