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Disinformazione e criminalità: Telegram diventerà il nuovo “dark web”?

 

È il principale concorrente diMetatra leapp di messaggistica istantanea;detiene un patrimonio netto di11 miliardi di dollari,affermandosi in tutto il mondo come unmix tra un social network e, appunto, un’applicazione per scambiarsi messaggi: parliamo diTelegram, creato inRussianel2013daPavel Durov, imprenditore conosciuto anche come “il Mark Zuckerberg russo”. Quello che doveva essere un preziosissimorifugio per contrastare le minacce alla privacy da parte delle più grandibig tech,quindi un luogo sicuro e lontano dalle interferenze di Governi o malintenzionati in cui poter scambiare messaggi, audio e file multimediali, sta rischiando di trasformarsi in uncovo di disinformazione, pedofilia e contenuti dannosi: il nuovodark web. Trachat blindate(la sua caratteristica principale), decine di funzionalità multimediali, interfaccia completamente personalizzabile egruppi numerosissimi(fino a 200.000 membri) in cui è possibilecondividere praticamente qualsiasi contenuto, Telegram sta attirandocriminali di ogni tipo. All’interno dell’applicazione è presente unafitta rete di contenuti illegali: dallarivendita di armi pesanti e leggere(fatta attraverso armerie virtuali, con tanto di foto e testimonianze degli utenti) almercato della droga;per non parlare di migliaia digruppi pedopornografici. E poi c’è ladisinformazione, uno degli elementi più dannosi per la democrazia. Spesso, all’interno della piattaforma, vengono diffusi contenuti fuorvianti o completamente falsi che manipolano la realtà e le convinzioni degli utenti online, creando una solida base di propaganda che soddisfa gli interessi dei leader autoritari mondiali. Con l’aggravarsi del conflitto russo-ucraino, sulla piattaforma sono aumentate le fake news e i gruppi che diffondonoinformazioni non verificateproliferano a dismisura. Spesso questi gruppi vengono gestiti dapersone anonime vicine al Governo russo o a Governi autoritarie si inseriscono nel quadro dellaguerra dell’informazioneche, soprattutto la Russia, sta conducendo in Europa. IlFinancial Timeschiamaquesto scenario “un campo di battaglia per la guerra dell’informazione”, facendo notare come l’app abbia un ruolo chiave nella diffusione di notizie e informazioni politicamente e socialmente rilevanti. Il quotidiano fa anche notare come ancora oggi sia permesso agruppi estremisti,come Hamas o Hezbollah, di operare al suo interno diffondendo informazioni propagandistiche econtenuti violenti. Il 7 ottobre, per esempio, i militanti di Hamas hanno diffuso attraverso Telegram decine di video e foto dell’efferato attacco condotto contro Israele. Questo dimostra come la piattaforma, reputata inizialmente come ungrande bunkerin grado diproteggere al massimo la riservatezza dei suoi ospiti, venga spesso utilizzato come arma.Un’arma di una guerra psicologica che ha come obiettivo quello di esercitare forti pressioni emozionali sugli utenti, soprattutto i più sensibili. E che mette alla prova fact-checker, giornalisti ed esperti di mass mediache combattono ogni giorno per un’informazione più libera e incontaminata dalla propaganda. Un interrogativo che tormenta da molti anni analisti, politici e utenti riguardala vicinanza (o lontananza) degli sviluppatori verso il Cremlino. Il 39enne Pavel Durov, che oltre ad aver sviluppato Telegram con il fratello Nikolaj è anche fondatore diVK,gigante dei social network in Russia,nega le possibili influenze del Paese verso l’app. Ma quando viene chiesto di rispondere delle azioni del presidente Vladimir Putin, o di esprimersi sul conflitto russo-ucraino,Durov riesce sempre a sviare la domanda, evocando la neutralità della piattaforma. Che sia per paura di ritorsioni? Secondo Durov, riporta ilFinancial Times, le voci sui presunti legami con il Governo russo sono solamente “teorie del complotto”. L’imprenditore sottolinea che l’aziendanon ha fonti di finanziamento legate alla Russiae chela maggior parte dei suoi obbligazionisti hanno sede in occidente, tra il Regno Unito e gliUsa. Per quanto riguarda lepolitiche di moderazione sulla piattaforma, ladisinformazioneviene contrassegnata da un’etichetta di avvisoanziché rimossa. Questo perché, secondo Durov, l’eliminazione delle fake news e soprattutto delleteorie del complotto o cospirazioniste comporta un loro rafforzamento. «La moderazione non è mai facile  – spiega Durov alFtincalzato sulla moderazione dei contenuti propagandistici-e a volte non siamo pronti per certi eventi che si svolgono in tempo reale e che accadono molto velocemente». La piattaforma, che oggi conta oggi900 milioni di utenti attivi(si potrebbe arrivare al miliardo entro un anno o poco più), sta tentando da alcuni anni dimonetizzare i suoi contenuti attraverso l’introduzione di annunci pubblicitari. Ma il dubbio sorge spontaneo: quanti saranno gli inserzionisti pronti a dedicare grosse somme di denaro verso unsocialcosìrischioso e controverso? Intanto Pavel Durov ha rivelato al quotidiano che la società ha ricevuto svariate offerte da molti investitori e alcune arrivanofino a 30 miliardi di dollari. Oggi, l’imprenditore, dopo essersirifiutato di fornire i dati di alcuni utenti all’agenzia di sicurezza russa, è fuggito aDubai, dove vive e in cui è stata stabilita lasede di Telegram. Una realtà che, tra le altre cose, gli ha permesso disfuggire ai rigorosi controlli di sicurezza europei e statunitensirelativi alle app di messaggistica istantanea e al contrasto alla disinformazione. I suoi piani futuri sono quelli diintrodurre Telegram sul mercato: in questo modo la società potrà espandersi enormemente evitando di essere venduta ad altri imprenditori. L’imminente debutto nel mercato dell’app deve peròsfidare le pressioni occidentali sui suoi rischi: non solo è necessaria unamoderazione più forte, ma bisognerà rivedere anche imeccanismi di gestione dei gruppi di criminali. Secondo Durov il team di moderatori di Telegram, che insieme ai dipendenti dell’app è formato da una cinquantina di persone, controlla intensamente le attività criminali sull’app erimuove milioni di contenuti dannosi ogni giorno utilizzando anche software di moderazione intelligenti e personalizzati.Ma c’è ancora tanta strada da fare.

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