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Politica: se le donne vanno a sinistra e gli uomini a destra

 

Lo ha scritto ilFinancial Timesa gennaio, lo ha confermatoThe Economistqualche giorno fa. Negli Stati Uniti, le ricerche diGallupmostrano che, dopo decenni in cui la distribuzione era più o meno equa tra generi rispetto a una visione del mondo liberale o conservatrice,da 6 anni a questa partequalcosa sta cambiando: ledonnepiù giovani, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, sono per il30% più progressiste rispetto ai lorocoetanei maschi. Anzi, i dati rilanciano: il72% delle giovani donne americane che hanno votato alle elezioni della Camera nel 2022hanno sostenuto il candidatodemocratico, contro circa il54% dei coetanei maschi.Nel 2008, non c’era quasi alcun divario di genere nell’orientamento di voto. The Economist, dal canto suo, ha fatto un’analisi approfondita sui dati raccolti in20 Paesi ricchi,confermando questatendenza del tutto nuova. Certo, c’è da dire che pare valere per moltissimi Stati, ma non per il nostro: nel ultimeelezioni politiche, il 27% delle donneche sono andate a votare, hanno espresso la propria preferenza per ilpartitodi Giorgia Meloni. Sì, c’è anche un 21% che ha scelto il Partito Democratico, ma a preoccupare, nel nostro caso, è più che altro il blocco delleastensioniste, che è popolato dal41% dell’elettorato femminile. Tornando invece al contesto internazionale, possiamo affermare che negli ultimi anni, nellegenerazioni più giovani, sta accadendo qualcosa a cui non si riesce a dare ancora un contorno definito. Ma possiamo tentare di inserirlo in una cornice fatta, prima di tutto, di istruzione. Nei Paesi ricchi, il18% delle ragazze non riesce a raggiungere la soglia minima dei testPisa(Programma per la valutazione internazionale dell’allievo). Per i ragazzi, questa percentuale tocca il 28%.Ad arrivare al conseguimento della laurea è il 46% delle donne europee, a fronte del 35% degli uomini. Negli Stati Uniti, la differenza tra donne e uomini laureati si attesta intorno ai 10 punti percentuali (sempre a vantaggio delle donne). Perché questi dati possono esserci utili a leggere il fenomeno dellapolarizzazione politica delle donne e degli uomini? Perché le ricerche dimostrano che lepersone che si formano di più,quelle che a esempio conseguono una laurea, tendono ad avere unorientamento più progressistarispetto a quelle meno istruite. E così, mentre le donne studiano di più e si avvicinano di più ai temi deidiritti, alle istanze delfemminismoe in generale a una prospettiva sul mondo più aperta, molti uomini (quelli meno colti, ci dicono i dati) hanno paura, faticano a stare al passo, sognano un’età d’oro che non c’è mai stata. Certo, c’è poi il tema deisocial network,che rafforzano, premiandola con visualizzazioni e like, la polarizzazione. Senza contare chegli algoritmi ci mostrano quello che vogliamo vedere:se il mondo fosse come il mio Instagram, a esempio, saremmo tutti femministi, in gran parte scrittori, sicuramente attivisti. Ma invece, a un maschio bianco arrabbiato (la categoria dellewhite angry ladies, se ricordi, ha iniziato ad andare di moda proprio con Marine Le Pen) mostra contenuti che rafforzano le teorie del complotto, che alimentano lapaura delle femministee che pompano i canoni della mascolinità tossica (alla “make America virile again”). Alcuni partiti di destra e anche alcune specifiche personalità politica sembrano aver compreso che c’è del terreno fertile e non si vergognano a concimarlo. Posso esprimere un desiderio? Come sarebbe bello se anchealcuni partiti di sinistra facessero lo stesso con le donne progressiste…

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