Se per tanti decenni abbiamo nutrito i nostrianimali domesticicon avanzi di cucina (carne, ossa e pane), come siamo arrivati a pretendere per loro unacostosissima dieta luxury, con cibi preparati ad hoc e marchiati comefreschi, sani, variegati e ricchi di nutrienti? Secondo Sean B. Cash, economista e professore associato di nutrizione globale presso laFriedman School of Nutrition Science and PolicydellaTufts University, negli Stati Uniti, un crescenteantropomorfismo o “umanizzazione”dei compagni a 4 zampe ha aumentato, nel corso degli anni la preoccupazione dei proprietari su ciò che danno da mangiare ai loro animali, ormai veri e proprimembri della famigliae pretendiamo per loro lamiglior qualità del cibosul mercato, al fine di garantire loro ottime condizioni di salute. Conducendo una ricercasu cosa determina l’acquisto di alimenti per animali domestici, Cash e i suoi colleghi hanno scoperto quello che hanno definito un“divario nella definizione delle priorità della salute”. In altre parole, la tendenza sempre più diffusa aumanizzare gli amici a 4 zampeha condotto quasi la metà dei proprietari di animali intervistati verso uno spasmodico desiderio dinutrirli con gli alimenti migliori sul mercato,anche a costo disacrifici economicinon indifferenti, dando priorità all’acquisto di cibo sano per i propri animali piuttosto che per sé stessi. È così che, in pochi anni, è diventata sempre più alta l’attenzione dei proprietari di animali alleetichette di crocchette e mangimi,alla ricerca quasi ossessiva delle diciture dei cosiddetti cibi “senza”(sugar free,grain free,low grain), dei cibi“ricchi di” (vitamine, minerali, proteine, fibre, prebiotici, Omega-3 e Omega-6)e di quelli “human grade”. Qui è necessario fermarsi e capire cosa si intende con“cibi di qualità umana”.Le prime definizioni di quest’ultima etichetta, infatti, sono state per molto tempo ambigue. Per diversi anni alcuni consumatori hanno identificato i prodottihuman gradesemplicemente come prodotti con unamigliore qualità:se erano abbastanza buoni da essere mangiati dagli esseri umani, dovevano necessariamente esserlo anche per gli animali domestici. Ora, invece, sappiamo che i prodotti con questo marchio sonoprodotti obbligati persino a seguire i nuovi standard fissati negli ultimi anni negli Stati Uniti,nelRegno Unitoe inEuropa: il termine “di qualità umana” dunque, comprende alimenti per animali domestici non solo di qualità, ma anche prodotti in modocoerente con le normative, molto rigide e severe, suiprodotti alimentari umani pronti al consumo. Si tratta di cibi che, per la loro qualità elevata,si trovano con non poche difficoltà sul mercatoe comunque aprezzi molto alti.Nonostante ciò, però, i consumatori, bombardati da ogni dove da pubblicità dei grandi marchi del pet, che continuamente pubblicizzano i loro alimenti per animali senza grassi aggiunti, senza coloranti, senza conservanti e ricchi di tutti i nutrienti, pronti a garantire una dieta sana, equilibrata e variegata agli amici animali, spesso cedono all’impulso dell’acquisto per i loro cani e gatti, anche a costo di andareoltre ogni possibilità economica e logica finanziaria. A questo proposito,l’American Pet Products Associationstima che gli americani abbiano speso58,1 miliardidi dollariin alimenti e dolcetti per animali nel 2022, mentreUk Pet Foodha valutato la spesa del Regno Unito nel 2023:3,8 miliardi di sterline.Cifre da capogiro, lievitate a dismisura soprattutto a partire dal2007quando, con un richiamo globale degli alimenti commerciali per animali domestici, laFood and Drug Administration (Fda)statunitense aveva dichiarato di aver scopertocontaminazioni con melamina e acido cianurico nelle scorte di cibo commerciale e confezionato. Quanto accaduto in quell’anno è stato l’episodio scatenante di una «sfiducia globale nei confronti del sistema commerciale degli alimenti per animali domesticie ha generato il desiderio di un controllo sempre maggiore sulla provenienza degli ingredienti dei cibi», ha spiegato Natalia Ciecierska-Holmes, ricercatrice PhD che studia diete alternative per cani ed esseri umani presso laUniversity of Adelaide, Australia, e laUniversity of Nottingham, Regno Unito. Così, per molti è iniziata una vera e propriacaccia in altri mercati capaci di fornire alimenti freschi, non industrializzati,ma anche dal conto più salato: come la selvaggina, per esempio, i cui produttori offrono carne di cervo, coniglio e canguro, percepiti anche come cibi più sostenibili; o come il crudo, dove i consumatori possono scegliere tra la comodità di alimenti crudi di marchi di pet food specializzati e un numero crescente di veri e propri “macellai per animali domestici”.Cibi sani, senza dubbio. Cibi costosissimi, altrettanto. Ma perché spendere tanti soldi nell’acquisto di sofisticati prodotti alimentari? Perché ci fidiamo della scienza. «Ci sono benefici documentati per la salute del sistema immunitario nell’alimentazione dei cani con diete di cibi integrali rispetto agli alimenti trasformati come le crocchette»,ha dichiarato il veterinario californiano Patrick Mahaney. Purtroppo, quello dell’alimentazione animale è un tema controverso che spesso divide l’opinione pubblica: se le argomentazioni a sostegno dell’human grade,come la salute e il benessere degli amici domestici, sono scientificamente provate e pressoché incontestabili,il rischio di cadere nell’eccesso è dietro l’angolo.Sono molti i marchi che hanno dato vita a linee di prodotti pet discutibili, cometorte dicompleanno, cibi Kosher e cibo Cash(un alimento a base di tacchino, mirtilli e spinaci da servire nel giorno del Ringraziamento). Mantenere l’equilibrio della ragionevolezza è il primo passo per non perdere credibilità.
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