L’8 marzo è passato, le mimose stanno marcendo nei cestini e ora, almeno fino al 25 novembre, è il momento di tornare ai 363 giorni all’anno in cui la condizione femminile, e la lotta di chi si batte per cambiare le cose, torna a essere confinata a rumore di fondo. Eppure, dire che“l’8 marzo è ogni giorno”o che”è sempre 25 novembre”non è retorica: è necessità. E non solo perchéle donne continuano a subire discriminazioni, violenze,ingiustizieanche allo scoccare della mezzanotte del 9 marzo, ma anche perché glistereotipie ipregiudizichealimentano le disuguaglianze su cui si radica e fiorisce la storica sottomissione femminile(e non solo quella) vanno in scena ogni giorno. Letteralmente. Basta vedere qual è l’immagine che ancora oggi, dopo decenni di riflessioni su rappresentazione emale gaze, è riservata alledonne sui media.A fare il punto è l’indagine diConsumers’ Forum,L’immagine della Donna tra vecchi e nuovi media, che in collaborazione conIpsosha analizzato la percezione dell’uso dell’immagine della donna nei media contemporanei. Media che hanno un potere enorme: quello dicreare e alimentare narrazioni e stereotipi, ma anche di contribuire aplasmare i ruoli di genereche vengono poi replicati nella società. Questo significa che possono contribuire a rafforzare le disuguaglianze, ma anche ad abbatterle. Non lo dicono solo gli studi, ma anche i cittadini: lo pensa, infatti, l’87% degli intervistati. In che direzione stanno andando, quindi, i nostri media? Secondo la maggior parte degli intervistati, male.Il 58% ha dichiarato che le tematiche di genere sono trattate in modo inadeguato(superficiale + esagerato). Solo il 35% ritiene che vengano trattate in modo corretto. Chi si occupa della cura della casa e della famiglia nei film e nelle serie tv italiane? In 7 casi su 10 esclusivamente le donne:solo nel 23% dei casi lo fanno entrambi e ancora meno (solo il 7%) gli uomini. Si ribaltano le percentuali invece quando si parla dicarriere, dove rimane salda l’equazioneprofessionista=uomo.Nel 63% dei casi a occuparsi di imprenditoria, finanza o economia è un “lui”, nel 31% dei casi entrambi, solo nel 7% dei casi una donna. Anche illinguaggionon sta cambiando abbastanza: per il37%troppo spesso èsessistaediscriminatorioe finisce per sminuire il ruolo della donna. Ma non c’è solo il come, anche il quanto continua a pesare: secondo gli intervistatile donne sono ancora meno rappresentate,non tanto nelle fiction ma soprattutto nellerubriche sportive,che sono ancora una roccaforte maschile (lo pensa il 76%) e nella stampa, dove la sensazione è che ci sianopiù articoli di giornalisti che di giornaliste (45%). Questo è legato anche alla percezione della presenza femminile tra i professionisti dell’informazione: sono il 42%, ma per il 65% del campione intervistato non superano il 40% e addirittura per 1 su 3 sono meno del 30%. Le valutazioni non cambiano troppo a seconda del genere di chi viene intervistato, ma sono profondamente diverse a seconda dellagenerazionea cui appartiene.La Gen Z evidenzia la superficialità (40%) dei mediasia per quantità che per qualità dei contenuti: se ne parla“troppo poco e in modo non arricchente per i cittadini”.Secondo i Boomers, invece, siamo di fronte a una “esagerazione”: per il 42% se ne parla “troppo, è un tema di moda su cui tutti devono dire la loro anche senza competenze”. Come cambiare?Famiglia e scuola sono ancora ritenuti il principale veicolo di trasformazione, ma secondo il 61% degli intervistati anche i brand hanno “il dovere di assumersi la responsabilità di non alimentare gli stereotipi di genere durante la pubblicizzazione dei loro prodotti”. Per questo, quasi 1 persona su 4 (39%) preferisce acquistare da marchi che fanno campagne pubblicitarie che “rappresentano la donna in modo attento e moderno”. «La survey ha evidenziato chesiamo ancora indietro. I cittadini chiedono al mondo della comunicazione di contribuire in modo più esplicito ad abbattere gli stereotipi e i pregiudizi che assegnano alla donna un ruolo ancora troppo marginale e subalterno all’uomo. I cittadini chiedono una forte accelerazione culturale che produca valori nuovi e comportamenti diversi», ha commentato il presidente diConsumers’ ForumSergio Veroli. «Già nel 2011, con la Carta degli impegni sottoscritta a margine del convegnoIl consumo dell’immagine della Donna,Consumers’ Forumsi è schierata per una pubblicità che rispetti l’immagine femminile, la dignità della persona, che contenga messaggi commerciali corretti e per la proibizione di reclame dai contenuti discriminatori o degradanti basati su stereotipi di genere». Ma da solo questo non basta: «Chiediamo alle istituzioni, alla scuola e ai media un impegno maggiore per rimuovere i tanti, troppi ostacoli che ci impediscono di essere una società civile».
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