Oltre 18,3 miliardi di euroraccolti, più di 1,37 solo nell’ultimo giorno. Questi sono i risultati record registrati durante i giorni della terza emissione delBtp Valore, il titolo di stato che più di tutti ha attirato l’attenzione dimigliaia di risparmiatoriche hanno chiuso oltre 600.000 contratti con il Ministero dell’economia e delle finanze. A rendere più appetibile questo mercato è l’apparente sicurezza che presenta, in quanto lo Stato si impegna a riconoscere interessi trimestrali di modesta entità ma comunque stabili e progressivamente crescenti, a cui le famiglie si affidano con la speranza di proteggere i propri risparmi dal morso incessante dell’inflazione. Lo si percepisce immediatamente dai dati più recenti diffusi dall’Istate relativi alle vendite al dettaglio, secondo cui, a fronte di una spesa cresciuta del 2,8% rispetto all’anno scorso, i cittadini italiani sono riusciti a comprare il3,7% di prodotti in menodagli scaffali dei supermercati. Il successo del collocamento, quindi, pone la luce su un problema di enorme rilevanza, frutto di una concatenazione negativa di eventi che – a partire dagli strascichi della pandemia fino alle attuali tensioni geopolitiche – porta incertezza e colpisce i redditi dei cittadini più indifesi. Lo si evidenzia concretamente scorrendo il dito fra le cifre delledichiarazioni dei redditi presentate tra il 2020 e il 2023presso gli sportelliCafdell’Acli(Associazioni cristiane dei lavoratori italiani), confluite in un apposito rapporto curato dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie chiamatoPovere famiglie. L’impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani, in collaborazione – oltre che con gli stessi Caf – anche con l’Iref(Istituto di ricerche educative e formative) orbitante sempre nella galassia Acli. In questa sua terza indagine, l’Osservatorio ha sottolineato come, suoltre 600.000 famiglie complessive, circa 474.000 (il 79%) hanno subito un’erosione consistente del proprio reddito reale pari a1,9 miliardirispetto al periodo precedente al Covid. Sotto il profilo dell’inflazione, la pandemia ha rappresentato un vero spartiacque. Già nel 2020, dai modelli 730 presentati emergevano circa 49 mila famiglie in profonda difficoltà per via di chiusure e aumenti dei prezzi. Un numero in continua espansione, che tra uscite e nuovi ingressi è arrivato oggi a58.000 nuclei familiariin condizioni dipovertà relativa, vale a dire che il9,8% del totalevive una situazione di mancanza di risorse necessarie per mantenere lo standard di vita corrente (medio) della società in cui si vive, ma che a differenza di chi soffre una povertà assoluta,ha comunque un lavoro. Il reddito che ne trae, però, non si dimostra sufficiente per affrontare i rincari dei prezzi e dei tassi di interessi dei mutui variabili legati alle politiche restrittive operate dalla Banca centrale europea proprio per contenere l’inflazione. Negli ultimi quattro anni, la perdita media di potere d’acquisto delle famiglie ammonta a240 euro mensili. Un valore che oscilla tra i 317 euro al mese persi dai nuclei bireddito e i 150 di quellicon un reddito soloe con carichi familiari. Proprio questi sono i soggetti su cui la ricerca punta la sua lente di ingrandimento:persone anziane da sole, ma anche personevedove,separate o divorziate(specialmente donne)con figli a carico, oppure semplicementegiovanicostretti a lavorare nellaprecarietàpiù opprimente per vivere da soli e raggiungere una indipendenza sempre più traballante. Sono queste le figure sociali vessate maggiormente dallatassa invisibile dell’inflazione, che ha influenzato negativamente le loro abitudini di acquisto e dunque lo stile di vita per via di continui tagli alle spese ritenute meno essenziali, con un inevitabile effetto domino. «Meno sport e attività per i figli, ma anche meno visite mediche, meno vita sociale» provocando dunque, secondo Lidia Borzì, delegata nazionale Acli alla famiglia un «aumento della solitudine, della rabbia, delle frustrazioni anche nei rapporti familiari», specialmente nellefasce di popolazione più anziana, con impatti negativi soprattutto sulle donne, che rappresentano l’86% delle persone over 70 in condizioni di povertà relativa. Il report mette in luce l’ennesima discriminazione di genere: ledonne(di cui oltre il 90% non coniugaea)sotto la soglia di povertà relativa sono il 58,1%, rispetto al 41,9% registrato fra gli uomini. Dalle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2023 da donne, infatti, emerge che il loro reddito medio annuo è stato di 6199 euro, ossia 247 euro più basso rispetto ai 6446 dichiarati dagli uomini, i quali comunque hanno visto erodere il 10% del loro reddito complessivo ai fini Irpef dal modello 730 del 2020 a quello del 2023. Si chiamanoworking poors, non a caso, tutti coloro chepur avendo un’occupazione si trovano costantemente a rischiare la povertà e l’esclusione sociale a causa del livello troppo basso di reddito, dell’incertezza sul lavoro e della ridotta crescita reale della loro retribuzione. È un fenomeno che rappresenta il punto di rottura della continua tendenza al ribasso vissuta da alcunetipologie contrattuali di lavoratori(principalmente autonomi, i quali beneficiano di molti meno sostegni rispetto ai dipendenti), con una continuità lavorativa molto breve e costantemente messa a rischio. Una situazione così problematica che, secondo il report, ipotizzando una spesa al supermercato pari a 90 euro medi, le famiglie bireddito senza carichi hanno perso circa8 carrelli annuali(pari a 700 euro), mentre sei carrelli sono sfumati per le persone separate/divorziate senza carichi.Il punto meno dolente è per le famiglie monoreddito e per le persone vedove, che in questi quattro anni hanno comunque dovuto rinunciare a ben quattro carrelli di spesa. Lo scenario in questione, seppure parziale in quanto basato solo sulle dichiarazioni collezionate dall’Acli, sottolinea comunque un profondo malessere collettivo che colpisce particolarmente i cittadini più soli, oltre che presentare lo scenario assurdo di famiglie con due persone che lavorano e comunque non possono sostenere le spese mensili necessarie. Un clima che lo Stato non può sperare di mitigare facendo esclusivo ricorso a bonus e incentivi a pioggia, o fondi esigui e a disposizione dei pochi fortunati vincitori dei famigerati click day.
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