Facciamo un gioco, un sogno, una piccola ipotesi rivoluzionaria:eliminiamo ivotia scuola. Niente più giudizi, nessuna valutazione, addio alle pagelle e ai compiti in classe, basta con le verifiche e le interrogazioni. Da domani si va a scuola solo per imparare, ascoltare, confrontarsi, leggere, ridere, immaginare, colorare il mondo, appassionarsi o incazzarsi. Meravigliarsi e inventare. Creare, disfare, distruggere e ricostruire. Per stare insieme, fare amicizie, innamorarsi, guardarsi male e farsi gli sgambetti. Per imparare a contare, a scrivere, ad annusare i libri e lasciare le orecchie alle pagine dove ci siamo fermati, per poterci esprimere nella nostra lingua o in un’altra. Per suonare, cantare, ballare, ragionare,scalare l’Everest sulla Lim, sfidareAlexain analisi logica e organizzare un torneo di Fifa con l’AI.Per farsi un tatuaggio sulla pelle con la Bic, e non lavarselo mai. Nella scuola senza votinon c’è traccia di ansiae la parola prestazione non esiste, si impara l’arte dell’entusiasmo e della responsabilità, si ottengono crediti in base all’impegno che ci mettiamo o anche solo perché esistiamo. Dalla scuola senza votifacciamo uscire anche i genitori, non per cattiveria ma perchésono cresciuti con il linguaggio della performancee sono assetati di giudizi sui figli, su se stessi e sul mondo intero; bramano per leggere un sette, un otto, un “avanzato” o un “intermedio” sulla loro ultima addiction, il registro elettronico, che controllano ogni due minuti perché hanno bisogno di inquadrare la vita in un parametro alto, medio o basso. Vivono come se aspettassero sempre di capire in quale lotteria stanno giocando, su quale giostra stanno salendo:sulla pagella dei vincenti, dei mediocri e dei perdenti? E se lasciassimo fuori dalla porta, da questa scuola un po’ anarchica che mai esisterà, anche alcuni insegnanti, solo una piccola parte magari, quella patita del posto fisso e specialista dei concorsoni, quella che ai ponti aggiunge sempre altri 15 giorni, quella arrivata in cattedrasenza la capacità di osservare le regazze e i ragazzi, di chiedersi cosa c’è dietro i loro voti scarsi e le loro imperfezioni, sotto ai brufoli, ai musi lunghi, alla faccia pallida e addormentata, alle risate sguaiate, dentro gli zaini buttati qui e là, i telefoni nascosti sotto ai libri, i compiti fatti male o fin troppo bene, dietro il perfezionismo di certe ragazze, la complicità o il disinteresse di altre, la fatica di emergere e di essere visti. Nessuno che afferri, e che li afferri, quando cadono nel disagio mentale. Facciamo entrare in queste aule cosìflipped, così rovesciate, le maestre e i maestri più ispirati, loro che sopravvivono alle follie del sistema, chea ogni cambio di ministro si vedono ribaltati criteri di ingresso e di valutazioni,come se si stesse parlando di ripensare i giudizi diTripadvisor: meglio una stellina, un pollice alzato o un onesto “questo allievo non ha studiato un tubazzo”? Ai docenti e ai dirigenti che hanno scritto una appassionatalettera apertaal ministro Valditaraper non stracciare 4 anni di lavoro e di azione collettiva sul superamento del voto, va tutta la nostra comprensione. Ma da genitore, spiace dire che anche ilsistema di valutazione attualecon i giudizi descrittivinon verrà certo ricordato come il migliore tra i possibili. E al posto di tornare indietro, come potrebbe succedere alla scuola primaria dal prossimo anno in base allaproposta di modificaal Ddl n. 924-bis, sarebbe stato bello guardare a chi ha già buttato il cuore oltre l’ostacolo:quei Paesi nordici dove non esistono né voti e né bocciature fino ai 12-13 anni. E non mi pare proprio crescano tutti illetterati.
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