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La Tuscia dice no al deposito di scorie radioattive

 

La Tuscia si prepara a unirsi un unaprotestacontro il deposito di scorie nucleari, con tutti i 60 comuni della regione che si muoveranno all’unisono domenica 25 febbraio. Un fronte compatto, che vede la partecipazione totale della Provincia di Viterbo insieme ai comuni del litorale delle province di Roma e Grosseto. Alla guida, ilbiodistretto della Via Amerinae i comuni promotori, come Corchino, Gallese, Soriano nel Cimino, Vasanello e Vignanello, che porterannoistituzioni, cittadini e 170 associazioni e comitati fino al Monumento Naturale Pian Sant’Angelo. «La comunità della Tuscia negli ultimi 3 anni ha coinvolto nell’elaborazione di osservazioni critiche al progettoSogintecnici, accademici, scienziati ed esperti.Ha presentato e continuerà a presentare ricorsi al Tar per dimostrare la nostra indisponibilità», spiegano gli organizzatori. «Trentacinque sindaci del nostro territorio – continuano – hanno chiesto 10 mesi fa di incontrare ilministro della transizione ecologica Fratin. Si è fatto un grande lavoro che testimonia un territorio profondamente unito, un lavoro e un impegno che è stato ignorato dai diversi interlocutori, dalla Sogin al ministro Fratin.Ora è tempo che la parola passi direttamente ai nostri cittadini, alla gente che lavora e vive nel nostro territorio». Il comitatoTuscia in Movimentoha delineato in 10 punti le ragioni fondamentali di questa protesta, spiegando che ci sono alte probabilità che95.000 metri cubi di scorie nucleari finiscano sul territorio. La societàSogin, commissariata e oggetto di interventi della magistratura sulla sua trasparenza,ha utilizzato una metodologia antiquata e arbitraria nella selezione dei siti italiani per lo smaltimento delle scorie nucleari: «La scelta di concentrare i rifiuti a bassa e molto bassa attività insieme a scorie di media e alta attività è grave e pericolosa», spiegano, «Non è stato considerato il rischio di grande contaminazione di un territorio che incorpora già un alto grado di radioattività naturale ed è primo per incidenza dei tumori fra tutte le province del centro Italia». E proseguono: «L’Ordine dei medici sostiene l’incompatibilità del territorio viterbese con la scelta di farne il deposito di scorie nucleari. Si è ignorata l’origine vulcanica, la ricchezza delle falde di superficie, la problematica sismica e la vicinanza ai centri abitati, tutti fattori che moltiplicano i rischi di contaminazione radioattiva provocati dall’insediamento di un sito di scorie nucleari». Un altro aspetto, poi, riguardal’impatto sulle attività agricole e sull’economia legata alla promozione ambientale: in proposito, gli organizzatori della protesta spiegano che non è stato tenuto conto della preziosa presenza di aree naturali, siti archeologici e dell’agricoltura locale, che da sempre costituisce un patrimonio di eccellenze. Inoltre, evidenziano che nella provincia di Viterbo cisono 5 biodistretti, riconosciuti dalla legge regionale 11/2019, che hanno come missione principale la sostenibilità ambientale, la qualità della produzione e della vita sociale, e che queste strategie ecosostenibili sono incompatibili con una discarica nucleare. «La selezione dei siti è avvenuta senza il coinvolgimento delle comunità locali – commentano con amarezza – La Tuscia ha presentato numerose osservazioni critiche argomentata da esperti, ma nessuna è stata presa in considerazione». Dunque, la marcia del 25 febbraio si preannuncia non solo come un atto di protesta, ma come un grido di unità e determinazione da parte diuna comunità che vuole difendere il proprio territorio e il futuro delle nuove generazioni.

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