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E se a negoziare per la pace fossero le donne?

 

Prova a scorrere le immagini dei negoziati e degli incontri che dal 7 ottobre a oggi si sono susseguiti per giungere a un cessate il fuoco o una tregua umanitaria. Cambiano i luoghi, gli interlocutori, le poste in palio; solo un elemento resta sempre lo stesso: ledelegazioni sono interamente composte da uomini.E sebbene ogni incontro o tentativo sia fin qui miseramente fallito, non c’è nessuno che metta in dubbio la composizione delle rappresentanze, nessuno che si chieda neanche lontanamente se la scelta dei negoziatori e soprattutto il loro sesso siano un contributo al fallimento. InIsraele e Palestinada anni fiorisce un movimento didonnedi entrambe le sponde che si incontra regolarmente, organizza manifestazione e propone piani di pace. Sono decine di migliaia, in costante aumento, ma nelle società in cui vivono vengono costantementeignorate. I gruppi che raccolgono le maggiori adesioni sono quelli formati dalle donne diWomen Wage Pace(WWPisraeliane) e diWomen of the Sun(WOSgaziane e cisgiordane).Tre giorni prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, migliaia di appartenenti a questi due formazioni gemellate si sonoriunite al Monumento alla Tolleranza di Gerusalemmeper una manifestazione e una marcia. In un’altra occasione le affiliate ai due gruppi si sono recate sulle rive del Mar Morto (che fin dall’antichità si ritiene abbia qualità curative), hanno allestito un tavolosimbolicamente negozialee alzato le sedie agitandole per raffigurare la richiesta di tantissime persone per unaripresa di una trattativanella speranza di evitare nuove carneficine. Nelle due patrie vengono considerate folli: con il precipitare della situazione a Gaza, sono al momento ancora di più emarginate e hanno più difficoltà a far udire la loro voce. Ma risulta sempre più evidente che proprio da loro bisognerebbe ripartire, mettendoleal centro di un progetto di mediazioneche ponga basi nuove e metta in mostra la spaventosa “collezione” di fallimenti degli uomini. “Le donne palestinesi – si legge nel sito diWomen of the Sun- costituiscono più della metà della società palestinese, ma rappresentano meno del 12,5 delle posizioni di leadership in Palestina. Abbiamo la capacità di esistere nonostante le difficoltà, il dolore e gli ostacoli per tracciare un nuovo percorso di vita, siamo le donne che si ergono di fronte al muro di ostacoli e difficoltà che come donne dobbiamo affrontare per un futuro migliore”. “Le donne – fa eco il portale diWomen Wage Pace- tendono ad avere una visione più olistica della sicurezza, che non comprende solo la sovranità politica e la forza militare, ma anche la sicurezza economica, l’istruzione e la sicurezza personale”. Il movimento israeliano, fondato all’indomani dei 50 giorni di guerra di Gaza/Operazione Protective Edge del 2014, è cresciuto fino a raggiungere 45.000 membri, il più granderaggruppamento di pacedi base inIsraeleoggi. Il suo principale obiettivo è dare alle donne di comunità diverse lapossibilitàdi costruirefiduciaal di là delle divisioni, portando a sua volta a unarichiesta unitaria di negoziati diplomaticicon una piena rappresentanza delle donne, perporre fine al conflitto israelo-palestinese. I due movimenti gemelliagiscono sempre in coppia: organizzano manifestazioni, convegni, lanciano appellie continuano a restare saldamente uniti anche dopo la terribile notizia dell’uccisione della co-fondatrice diWwp,Vivian Silver, 74 anni, da parte di Hamas proprio nel raid del 7 ottobre. La partnership ha dato vita aThe Mothers’ calluna petizione in cui si chiede ai leader di entrambe le fazioni diavviare i negoziati per il “bene del futuro dei nostri figli”. Il loro discorso va bene al di là di quote rosa e gender gap. Per loro garantire la partecipazione delle donne non è una solo una sacrosanta questione di equità o correttezza, o una dimostrazione di inclusione. Per i due gruppi è il vero e forse unicostrumento per arrivare alla pace. Sono le statistiche a suggerire la necessità di un netto cambio di paradigma nella gestione dei negoziati. L’inclusione di donne nei processi dipeacebuilding,conflict resolutionopeace keeping,infatti, quando adottata, miete successi da qualsiasi lato la si osservi. Secondo report e studi sostenuti e confermati da organismi transnazionali come l’Onu, l’Osce, l’Ue o da una serie di realtà internazionali come il Think Tank americanoCouncil on Foreign Relations, lapresenza di donne nei tavoli negozialiin qualità di mediatrici, facilitatrici o firmatarie,aumenta del 20% le possibilità che l’accordo regga almeno 2 annie che duri stabilmente del 35%. Le due variabili (percentuali e tempo), come è facile intuire, sono decisive nel cammino verso la ricostruzione fisica e morale di società devastate da conflitti Ci sono poi molti studi che dimostrano chele donne tendono a essere più collaborative,meno concentrate sulle questioni militari e molto di più su quellesociali, oltre a essere meno propense ad attaccare chi ha opinioni diverse. Con donne sedute al tavolo, ancora meglio se in maggioranza, la possibilità di assumerecomportamenti aggressivi e rischiosiha meno possibilità di prevalere, mentre, come dimostra lo studioWhy Diverse Teams Are Smarterpubblicato dallaHarvard Business Review,nei team eterogenei è più probabile che le decisioni si basino su fatti piuttosto che su ipotesi. Testi comeSex and World Peace,poi, scardinano una serie di presupposti del discorso politico e di sicurezza, dimostrando che la sicurezza delle donne è un fattore vitale per la sicurezza dello Stato e la sua incidenza suconflitti e guerre. «Abbiamo imparato dai casi dell’Irlanda del Nord e della Liberia – ha dichiarato aForeign PolicyYael Braudo-Bahat, co-direttrice diWomen Wage Peace- La partecipazione attiva delle donne ha rafforzato notevolmente questi processi di pace e di ripresa. Continuiamo i nostri piani, lavoriamo insieme e non lo nascondiamo. Potrebbe essere più pericoloso per le Donne del Sole, ma sono molto coraggiose». I Paesi democratici o, in ogni caso, tutti gli interlocutori coinvolti e attivi nel porre fine al conflitto a Gaza così come in tante altri parti del mondo, hanno un ruolo da svolgere oltre al finanziamento e al sostegno politico: bisogna«insistere e pretendere la partecipazione delle donne ai negoziati»,come ha dichiarato una rappresentante delleWomen of the Sun a Foreign Policy(che ha preferito rimanere anonima).

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