Che ci sia ormai bisogno di una moda sostenibile è un dato di fatto: lo denunciano da anni le associazioni ambientaliste e lo ha appena ribadito la trasmissioneReportnell’inchiesta“Seconda mano”, un reportage che mostra comeilGhanasia diventato la discarica più grande al mondo di vestiti usati(ne arrivano 15 milioni alla settimana producendo una catastrofe ecologica). Ridurre l’impatto sul Pianeta e spostarsi verso consumi più responsabili è quindi il nuovo imperativo sia dei brand sia degli acquirenti, anche se «c’è una tendenza nella moda aconfondere materiali sostenibili e sostenibilità» ha spiegato Monica Buchan-Ng delCentre for Sustainable fashiondelLondon college of fashion. L’esperta è stata intervista daBbcper unapprofondimentosuinuovi tessuti che potrebbero presto sostituire i capi di pelle ricavabili da funghi, frutti e piante. La produzione tradizionale, derivata perlopiù dalle mucche, è infatti un processo intensivo che produce grandi quantità di gas serra e utilizza sostanze chimiche pericolose. Come riporta ilWorld economic forum,l’industria del bestiame rilasciacirca il 14,5% delle emissionimondiali. Per Kimberly Nicholas, scienziata dello svedeseLund University Centre for Sustainability Studies(Lucsus) «le mucche sono la più grande fonte di inquinamento climatico e di distruzione dell’habitat in agricoltura. Ovunque si possanosostituire con piante o funghi, nel cibo o nei tessuti,è una grande vittoriaper il clima e la biodiversità». Resta valido, però, che anche i consumatori debbano fare la loro parte «usando i vestiti più a lungo». Lealternativedi ecopelleda una parte sono sì cruelty-free, dall’altra spesso sono realizzate con materiali sintetici. Ecco perché molte aziende stanno spostando i loro investimenti nella ricerca ditessuti vegetali che simulino l’effettoleather, siano davvero privi di plastica e non richiedano una produzioni con sostanze chimiche, metalli o solventi pericolosi. Nella sua inchiesta,Bbcne ha individuati sette, tra i quali la sicilianaOrange Fiber,che ha creato un tessuto dai sottoprodotti dell’industria del succo diagrumi, in collaborazione con ilPolitecnico di Milano, e la newyorkeseKintra Fibers,che utilizza il glucosio del mais per produrre un simil poliestere biodegradabile nel quale ha investito anche il colossoH&M. Dalla natura derivano anche due brevetti che sfruttano le enormi potenzialità dei funghi.Myloè un materiale creato da scienziati e ingegneri della californiana Bolt Threads con un sistema di agricoltura verticale che simula la crescita dei funghi sotto terra: migliaia dispore vengono coltivate su grandi fogli di schiuma sofficee alimentate poi con segatura di scarto. Il risultato sembra indistinguibile dalla pelle tradizionale. Tra i partner del marchio la stilistaStella McCartney, che ha creato la prima borsa di lusso al mondo in micelio (la Frayme Mylo), eAdidas, che ha lanciato le sneakers Stan Smith Mylo. Si deve invece a due artisti, lo scultore Phil Ross e la ballerina a Sophia Wang, il brevetto diReishi, un biomateriale realizzato con la tecnologia “Fine Mycelium”. La sua storia è stata raccontata suForbes: Ross, ossessionato dalla specieGanoderma lucida, ha trascorso decenni nel suo laboratorio-studio lavorando su blocchi di questo materiale fungicoper realizzare opere d’arte viventi uniche esposte anche al Moma di New York. Dopo aver provato a lanciarlo come materiale isolante, l’incontro con la moda: prima il designer franco-americanoNick Fouquetne fa una collezione di capelli di lusso, poi diventa parte di una linea diborse da viaggio Hermés, la Victoria Voyage. La start-upVitroLabs, con sede a San Francisco e il sostegno del divo Leonardo DiCaprio, è al lavoro per realizzarela prima pelle coltivata al mondo dalle cellule di una mucca“felice e sana”, per poi coltivarle in un ambiente ricco di sostanze nutritive. Lo scopo è avere un tessuto con le stesse proprietà durevoli e lussuose delle pelli animali. SecondoBbc, la società ha già raccolto 46 milioni di dollari di finanziamenti, anche del colosso della moda Kering. In Europa, la svedeseRenewcellha invece già perfezionato una tecnologia per distruggere e scomporre i vestiti usati in una polpa chiamata “Circulose”, che viene utilizzata per produrrefibre tessili biodegradabili di viscosa o lyocell di qualità vergine. Il suo impianto a Sundsvall può ridare vita fino a 60.000 tonnellate di fibre all’anno. E se vi dicessimo che anche il metano può essere riciclato? È quello che ha fatto l’azienda Newlight Technologies con il brevettoAirCarbon, creando unaplastica biodegradabileche afferma di essere home-compostable e ocean-friendly. Tra i suoi partner, anche Nike.
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