Categories: Diritti

Via Amba Aradam, una strada infame

 

Ieri, tornavo in ufficio da un appuntamento di lavoro e mi sono ritrovato a passare pervia dell’Amba Aradam, nella zona di piazza San Giovanni in Laterano, per chi non è diRoma, quella del “concertone” del 1° Maggio. Fino al 1936, la viasi chiamava “della Ferratella”, ma quell’anno il sindaco volle conferirle questo nuovo nome percommemorare la vittoria italiana nella Guerra d’Etiopia, guadagnata nella battaglia decisiva proprio presso l’omonimo monte, iniziata il10 febbraio del 1936. Una battaglia che influenzò anche la nostra cultura e la nostra lingua, tanto che ancora oggi si dice “ambaradan” per indicare una situazione caotica. Ma più che una battaglia un po’ caoticafu un vero e proprio massacro. Morirono da parte italiana 800 soldanti,mentre furono 20.000 gli etiopi a perdere la vita. Moltissimi durante la ritirata, sulla qualela nostra aviazione sganciò centinaia di bombe tipo C.500.T. Questebombeeranoall’iprite(per gli inglesi il “gas mostarda”), una sostanza conosciuta da tempo ma che aveva trovato una tragica applicazione durante la Prima guerra mondiale. 0,15 mg di iprite, dispersi in un litro d’aria, sono letali. Concentrazioni minori provocano lesioni gravissime e quasi impossibili da curare. Un gas subdolo, perché inodore, persistente, capace di superare barriere di tessuto e gomma, che ti uccideva da dentro distruggendo i globuli rossi.Così subdolo chetutti i principali Paesi del mondo(ad eccezione degli Usa)firmarononel 1928 la suamessa al bando. Manoi“italiani brava gente” ce ne siamo “fregati” el’abbiamo usato. Senza pietà. Come spietata è stata la nostra dominazione sulle colonie italiane, fatte di campi di concentramento, sevizie, esecuzioni capitali, bombardamenti su donne e civili, soprusi,stupri, saccheggi e violenze di ogni genere. Un altro episodio, sempre sul monte Amba Aradammerita di essere ricordato, per la sua tragicità e per il carico di vergogna che ancora oggi, spero, noi italiani dobbiamo sentire. Tre anni dopo la battaglia, una carovana di partigiani etiopi-con al seguito anziani, donne e bambini-si rifugiò in una grotta molto profonda; per stanarli, gli italiani usarono l’iprite e il lanciafiamme con chi cercava una via di fuga. Non contenti, murarono le entrate e lasciarono morire così i superstiti. Non è meracancel culture, è ripercorrere errori e orrori del passato e pagarne il prezzo. Purtroppo, non possiamo tornare a chiamarla Via della Ferratella, perché questo odonimo, non so per quale motivo, venne dato a una via minore e parallela. Madobbiamo trovare un nuovo nomeperché io non ci voglio passare in una via “infame” come questa. Potremmo dargli il nome di una donna illustre, visto chea Roma su 8.067 strade intitolate a persone, solo 567 di queste (7%) sono intitolate a donne(sic!), contro il 19% di Stoccolma o il 16% di Barcellona*. Per camminare, la parità, ha bisogno che gli facciamo strada. * Se volete divertirvi con statistiche nazionali e internazionali sul gender gap nei nomi delle strade, c’è un sito specializzato:www.mappingdiversity.eu

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