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E tu, hai mangiato troppa carne?

 

Nel suo nuovolibroHo mangiato troppa carne. Perché mangiamo animali e cosa succederà se non smettiamo di farlo(Cairo Editore),Lorenzo Biagiarellisi addentra in un’annosa questione con l’approccio di chi non vuole puntare il dito su un determinato stile di vita alimentare, ma raccontare il proprio percorso.Inizialmente amante della carne(anche con dei precisi gusti in merito alla cottura), alcune esperienze come un viaggio a Est, lo hanno portato amutare la prospettiva e a porsi domande sul suo consumo, che in quest’opera gira anche al lettore. Coerentemente con la narrazione che porta avanti sui social, spiegando lacucinadel passato con uno sguardo rivolto all’oggi e al futuro, l’autore da Cremona conduce, tappa dopo tappa fino ai mercati diSeoul. Biagiarelli, che sa come far sentire il lettore un compagno di avventura, riesce a incuriosire e a far visualizzare le situazioni che descrive, compresa la domanda di partenza:è possibile amare e odiare allo stesso tempo, se l’oggetto di questi sentimenti potenti non è una persona ma una bistecca? “Io scrivo queste pagine come uno sportivo a fine carriera o come una rockstar in pensione, come qualcuno che abbia appena smesso di fare a livello professionale ciò che ha caratterizzato la sua esistenza, nel mio caso alimentare, fino a quel momento. Ho sicuramente mangiato più chili di carne nella mia vita di quanti gol abbia segnato Pelè”. Questa frase è un esempio di comeil suo linguaggio voglia avvicinare un pubblico trasversale, trattando la questione con cognizione di causa e condividendola con chi sta compiendo il viaggio con lui. “Nonostante sia quasi scomparsa dalla mia dieta (benché in televisione possa rendersi necessario che io assaggi una fetta di mortadella – precisa in un punto poco più indietro), sento che non ha mai pesato così tanto sulla mia coscienza, e sul mondo che mi circonda”. Tutto ciò lo si deve in gran parte alla‘troppa carne’ mangiata in tre settimane inCorea del Sud.Alla fine di quell’abbuffata, scrive, “avevamo chiarissimo il concetto principale della questione, e cioè che la carne sia il prodotto dell’uccisione di animali”. Gli scossoni sono arrivati dalla segnalazione di unristorante, tra Seoul e Jeonju,in cui veniva proposta zuppa di canee poi dall’arrivo di gatti nella vita e nella casa condivisa con la compagna Selvaggia Lucarelli. Altri input hanno continuato a scavare in Biagiarelli, come il documentarioDominiondiretto da Chris Delforce, sull’allevamento intensivodi animali e suglianimali da laboratorio. È come se, pian piano, colui che si è sempre occupato di cucina in modo trasversale, abbracciando anche piatti a base di carne, si fosse aperto ad altri orizzonti, scoprendo tante cose che ignorava e non voleva vedere o sapere. Il punto fondamentale della sua indagine non è scovare le eccezioni, ma la regola, capire a fondo cosa significhi l’allevamento intensivo, dove venga praticato, quanto (più di quanto si immagini) e quali siano le leggi connesse. Pure su questi elementi un po’ più tecnici, con dati alla mano, la lettura rimane molto fruibile. Non vogliamo rivelare ogni tappa del libro, altrimenti vi toglieremmo la possibilità di raggiungerle da soli. Aggiungiamo solo due tasselli: l’autore scopre un verme solitario nel suo intestino eun celebre epidemiologo, Pier Luigi Lopalco, glispiega che la prossima pandemia si nasconde forse in un capannone pieno di maiali. “Eppure, dopo tutte queste righe, ho alla fine capito che smettere di mangiare carne non è sintomo di empatia, né di ipocondria o di qualche forma di eco-ansia: smettere di mangiare carne è pura, è semplice, strategia di sopravvivenza”. Quando terminerete questo viaggio avrete maggiori strumenti (dati oggettivi del legame tra allevamento e inquinamento, di qui la connessione con il cambiamento climatico) e alcune suggestioni di soluzioni alla questione affrontata.A ciascuno sta, poi, la scelta.

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