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Brasile: il nuovo leader nella lotta al cambiamento climatico

 

La Foresta Amazzonica è spesso definita come il Polmone Verde del Mondo e in effetti con più di 6 milioni di km quadratirappresenta la più grande foresta pluviale a livello globale. Comprende buona parte dell’area Nord Ovest del Brasile, ma anche parte della Colombia, del Perù e di altri Paesi del Sud America: un patrimonio naturale preziosissimo per l’intero Pianeta. Con oltre l’80% della vegetazione totale composta da alberi,assorbe dalle 150 alle 200 miliardi di tonnellate di anidride carbonicaricoprendo,come sottolinea ilWwf, un ruolo centrale nel mantenimento dell’equilibrio climatico del Pianeta. Un equilibrio che però stiamo perdendo sempre di più, complice anche il fenomeno della deforestazione.Negli ultimi 30 anni abbiamo perso in media ogni anno 12.000 km quadrato di Foresta Amazzonica. I problemi che affliggono la Foresta La deforestazione rappresenta una delle principali battaglie di cui si è fatto portavoce il Presidente Brasiliano Lula. Alla base della stessa vi sono spessoatti illegaliche vengono perpetrati con molteplici finalità. Da una parte si parla di attività che vengono effettuate senza criteri di tutela ambientale a fronte di condizioni di estrema povertà e che riflettono, dunque, una realtà economica e sociale in forte difficoltà. D’altra parte spesso alla base della deforestazione vi sono atti illegali attuati dai proprietari di terre confinanti con l’obiettivo di estendere i propri terreni. Per ampliare le proprie terre si utilizza quello che viene definito comeslash and burn, letteralmente “taglia e brucia”, ovverosi utilizza il fuoco per distruggere intere aree forestali e rendere i terreni argillosi e sterili permettendone l’insediamento. Uno dei principali problemi legati alla Foresta Amazzonica è proprio l’identificazione delle proprietà dei terreni. Un problema che inevitabilmente prosegue nell’individuazione di chi siano i soggetti responsabili della tutela ambientale e quali siano le modalità per perseguirla. Tanto più se si parla di territori estremamente frammentati come nel caso dell’area Brasiliana della Foresta Amazzonica. Qui sono state identificate ben22 agenzie nazionali che rivendicano la proprietà di una parte dei terreni. Il 29% dell’area totale, invece, è terreno pubblico ma viene definita come area “non designata” in quanto non è stata presa alcuna decisione circa il suo utilizzo e il suo mantenimento. In questo contesto il Presidente Lula ha parlato della necessità di muoversi verso una precisa direzione:identificare in maniera puntuale ogni centimetro della Foresta Amazzonica, oltre a capire chi siano i proprietari fondiari della stessa. Da questo dovrebbe scaturire la creazione di un unico registro mettendo un freno alle irregolarità e consentendo una maggior omogeneità di gestione. Un progetto che, tuttavia, non si prospetta dei più semplici da realizzare se si considera la vastità della zona interessata e le difficoltà connesse alle pressioni delle lobby. Il piano di Lula Durante la Cop27, tenutasi lo scorso anno a Sharm el-Sheikh, il Presidente Lula aveva annunciato: «Brasil is back!» sottolineando così la volontà di rendere il Paese un leader nella lotta al cambiamento climatico. Obiettivo che trova conferma, almeno in parte, nella Cop28 dove il Ministro dell’Ambiente Brasilianoha avanzato un piano particolarmente ambizioso. L’incontro è nato con lo scopo di identificare le modalità di tutela e risarcimento dei Paesi del Nord del Mondo nei confronti dei Paesi del Sud,più soggetti alle conseguenze degli impatti del cambiamento climatico. Numerosi leader africani hanno richiesto l’intervento dei Paesi più ricchi di fronte a una situazione che continua a peggiorare e che non può più essere rimandata. Anche il Brasile ha sottolineato l’importanza di questo tema puntando alla creazione di unFondo Ambientale di 250 miliardi di dollari. Questo prevedrebbe dei finanziamenti verso quei Paesi cheriducono sotto determinati livelli la deforestazione delle proprie terretramite una somma fissa per ogni ettaro di foresta tutelato. Una questione estremamente dibattuta e che difficilmente riuscirà a ottenere l’adesione desiderata da Lula, ma che indubbiamente sottolinea il passaggio verso una nuova epoca per il Brasile, ben lontana dagli anni della Presidenza di Bolsonaro (in carica dal 2019 al 2022) che aveva completamente accantonato le tematiche ambientali. La Presidenza di Lula sembrerebbe aver già in parte dato prova del suointeresse verso una maggior tutela ambientale: confrontando i primi otto mesi dell’anno del 2022 con lo stesso periodo del 2023 si registra unariduzione dei livelli di deforestazione di circa il 50%. Una buona notizia per il Brasile, ma più in generale per il Pianeta, che deve ricordarsi del valore inestimabile del suo Polmone Verde.

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