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Perché l’olio d’oliva è sempre più costoso

 

Da sempre al centro della dieta mediterranea,l’olio d’oliva è un prodotto fondamentale sia a tavola, sia per l’economia. Ciononostante,il suo consumo si sta contraendo a seguito di un rapido aumento di prezzodovuto ai devastanti effetti dell’inflazionee deicambiamenti climatici. Innanzitutto, c’è da sottolineare come il processo che ha portato all’aumento del prezzo abbia origine da unariduzione di produzione della materia prima; infatti, la raccolta di olive ha sofferto particolarmente leondate di caldo anomalo in estate, che ha causatofortisiccità, oltre che ai danni derivati da eventi meteorologici estremi el’epidemia di Xylella fastidiosache ha infestato gli alberi. I dati sono sconcertanti: l’annata 2022-2023 ha visto il crollo della raccolta e della resa in Italia e Spagna, tra i maggiori Paesi produttori in Europa,con un rispettivo -27% e un -56%, a fronte di una generale riduzione del 40% nella zona euro. La campagna nazionale di quest’anno, secondo le previsioni diUnaprol, seguirà il trend negativo del 2022 con una raccolta che si stima intorno alle 270.000 tonnellate (su un potenziale di 300.000 tonnellate). Il calo colpirà in particolar modo l’Umbria(-50%) e laToscana(tra il -10% e il -20%). Al contrario,la produzione aumenterà in Puglia di circa il 30-40%(comunque inferiore rispetto alle aspettative). I problemi derivati da una scarsa produzione sono facilmente identificabili tra gli scaffali dei supermercati. SecondoAltroconsumo, a inizio anno il prezzo di listino dell’olio extravergine di olivasi attestava intorno ai 5,60 euro al litro, per poi subire un rincaro del 30%, raggiungendo i7,21€/litro, ad agosto. Si tratta di un aumento vertiginoso se confrontato con agosto del 2022 e agosto del 2021, quando il prezzo era inferiore rispettivamente del 42% e del 61%. Negli ultimi mesi dell’anno, la situazione non è migliorata: l’Ismea – l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare- rileva che il prezzo dell’olio italiano non scende sotto agli 8,05 euro al kg e arriva addirittura a toccare i 15,50 euro al litro per le Denominazioni di Origine Protetta. Si va quindi a instaurare un circolo vizioso autoalimentato, che ha origine da unabassa produzione della materia prima e che poi si tramuta in un innalzamento dei prezzi, portando a una riduzione dei consumi da parte di famiglie e ristoratori e a una sostanziale crisi del settore. «La riduzione delle quantità di olio e l’aumento delle quotazioni, all’interno di uno scenario di inflazione e incertezza economica, fanno temere che i consumatori si allontanino da questo prodotto – dichiara Anna Cane, presidente del gruppo olio d’oliva di Assitol – l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia- […] ma come hanno rilevato di recente importanti rappresentanti del mondo medico e della ricerca, mangiare peggio per risparmiare significa spendere di più in futuro per riparare ai danni della scorretta alimentazione».

Redazione

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