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La ricerca sul clima nell’Artico è “congelata”

 

C’è un glaciologo nell’Articoche da quasi due anni non ha contatti con una fetta importante di colleghi. Così laricerca scientificasulclimae suighiacciairischia uno stop allarmante. Le cause stanno nellaguerra in Ucrainae nel conseguente isolamento internazionale dellaRussia. Lui èAndrew Hodsone lavora all’University of Longyearbyennell’arcipelago norvegese delleSvalbard, da dove in tempo di pace era solito partire in motoslitta per visitare gli esperti russi. La collaborazione si è interrotta bruscamente conl’invasione ucrainaavviata daMoscanel febbraio del 2022. Lo scienziato britannico ha confessato aAgence France-Presse(AFP) le preoccupazioni legate soprattutto allo studio delpermafrost, il suolo perennemente ghiacciato delle terre del nord, fortemente sotto stress a causa delcambiamento climatico: è un territorio che si sta scaldando molto più velocemente del resto del Pianeta. Lo scambio di dati è rimasto del tutto in sospeso e le informazioni che si possono ottenere tramitel’Organizzazione meteorologica mondialeo le osservazioni satellitari sono incomplete. E pensare che, negli anni della convivenza fruttuosa fra ricercatori, in ambito diplomatico si era diffuso il dettoHigh North, low tensions, letteralmente “Alto Nord, basse tensioni”. La cooperazione scientifica traesperti occidentali e russiin realtà era già in declino da più di dieci anni, proprio a causa degli atteggiamenti aggressivi tenuti dalCremlinosul palcoscenico della politica mondiale. Oggi il blocco delle ricerche nell’Artico, il cui territorio appartiene per gran parte aMosca, ha ricadute sostanziali anche sul lavoro degliscienziatieuropei,statunitensiecanadesi. La spaccatura tra l’altro si riflette nell’alveo del forum internazionale delConsiglio Artico, a sua volta ormai diviso esattamente traOccidenteeRussia. Ma, se da un lato in questa situazione è prevedibile che ci sia una “guerra fredda” nei rapporti tra istituti ed enti pubblici, si riscontra sul campo una freddezza anche tra iricercatori indipendenti, che temono accuse di tradimento e spionaggio. Intantolo scioglimento delghiaccio marino articorischia di diventare realtà prima di quanto temessimo. Secondo nuovi dati, infatti, potrebbe sparire completamente durante il mese disettembregià nel prossimo decennio, innescando pericolose reazioni a catena a livello planetario. E come se non bastasse, tra test militari e aumento del traffico navale,Mosca sta inquinando sempre più il Mare di Barents, una zona ricca di biodiversità già finita sotto osservazione peril riscaldamento globale. Il lavoro diHodson, per parte sua, consiste nell’analizzare le implicazioni del disgelo del suolo,lo scioglimento deighiacci, il rilascio di acqua, sedimenti e sostanze nutritive. A rivestire una particolare importanza in questo ambito sonol’idrologiaegli ecosistemisensibili. Il glaciologo esamina inoltrei microbipresente all’interno del ghiaccio stesso, per studiare la reazione e la vulnerabilità deglihabitatrispetto agli impatti delclimate change. Ma per ora deve continuare a fare tutto questo senza poter contare sulla storica collaborazione russa.

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