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Le mappe della diversità

 

Nelle scorse settimane molti utenti Instagram si sono ritrovati sul proprio feed gli screenshot del progettoQueering themap.Aprendo ilsitoonline è possibile visualizzare una mappa con i continenti in rosa e molti, moltissimi, segnaposti neri. Ognuno di questi rappresenta lastoria di una persona queer e un evento che è avvenuto in quel luogospecifico. Cliccandoci sopra si può leggere cos’è successo. Si passa da frasi come “siamo così lontani, ma ti amo moltissimo” a discorsi più dettagliati di eventi che hanno in un certo momento connesso e segnato profondamente 2 persone. Ci si potrebbe passare le ore connessi al sito, perdendosi nelle esperienze di altri e provando a immaginarsi il contesto intorno a ognuna di queste storie. Abbandonando per un momento la prospettiva più emozionale e soggettiva, è interessante notare ladistribuzione di questi segnaposti. La maggioranza si trova negliStati Uniti(Puerto Rico incluso), sud del Canada, Europa. Ma ci sono molte storie raccontate anche tra leFilippine, Singapore, le coste al sud dell’Australia,Nuova Zelanda, il Kuwait. Ma per capire davvero la distribuzione di questi messaggi, bisogna zoommare sui singoli Paesi. Per esempio, concentrandoci sulBrasile, le città diSan Paolo, Rio De JanaeiroeBrasiliasaltano all’occhio rispetto al resto del territorio. Ma anche Doha in Qatar, Mosca in Russia, Hong Kong, Tel Aviv e Gerusalemme. E da qui si capisce subito come esista una propensione a parlare di storie personali nelle città più grandi. Certo, non va dimenticato che questo deriva dal semplice fatto che in città più grandi abitano più persone e che, quindi, in media, avvengono più interazioni (e conseguentemente più storie da aggiungere alla mappa). Un ultimo aspetto che suscita curiosità è il fatto chemari e oceani non vengono risparmiati. In mezzo al Mar Mediterraneo, al Mar Caraibico e nell’oceano Atlantico e Pacifico una miriade di puntini neri segnalano la presenza di una storia. MaQueering the mapè solo uno dei progetti che cercano di schematizzare geograficamente le ”diversità”. Si possono esplorare le mappe della Capitali europee del sitoMapping diversity;prima di arrivare alle mappe vere è proprie, però, vengono presenti alcuni numeri. Prendendo in considerazione 30 città in 17 Paesi europei, il 90,4% delle strade prende il nome da figure maschili, il 9% da figure femminili e lo 0,5% (285 strade) da figure che non si identificano con nessuno dei 2 generi. Sul podio della lista per quel che riguarda strade dedicate a figure femminili: Stoccolma, Copenhagen e Berlino; in fondo, Praga, Atene e Debrecen. Metà dellestrade dedicate alle donnecelebrano il contributo di una di esse nel campo della cultura, delle scienze e delle arti; ma, in particolare, ci sono molti nomi di scrittrici. Inoltre, per la maggior parte, si tratta di donne che sono vissute tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Per tornare allemappe, ci si può soffermare sul progetto che mette insieme iluoghi di nascitadelle donne in questione. Forse con poca sorpresa, ma la percentuale più significative è nata in Europa. E si può anche vedere come il centro-nord Italia risalti in termini di densità di punti indicanti il luogo di nascita di donne il cui nome si trova sulle strade. Ma anche Barcellona, Vienna e Varsavia hanno dato luce a figure ritenute importanti abbastanza da venire ricordate nella nomenclatura stradale. Esiste poi un’iniziativa per mappare la diversità focalizzata suMilanochiamataGenderatlas,che rivela, per esempio, una mancanza di accessibilità per tutti e tutte nel trasporto pubblici. Infatti, filtrando per “metropolitana con ascensori” solo le linee M3 e M5 sembrano offrire un’accessibilità completa, seguite dalla linea M1. La vera limitazione, però è la sensazione di insicurezza che condiziona per le donne i percorsi, i luoghi frequentati e gli orari in cui vengono frequentati.

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