Categories: Diritti

Ue: le donne con disabilità sono vittime di sterilizzazione forzata

 

Che lasterilizzazione forzatasia unaviolazione dei diritti umanilo dice chiaramente laConvenzione di Istanbul. Senza distinzioni. Nonostante questo, in Europa ledonne con disabilitàcontinuano a essere sterilizzate contro la loro volontà, anche grazie alla collaborazione delle famiglie che le ritengono inadatte a riprodursi. Questo avviene perché circa un terzo dei37 Paesi europeiche hanno ratificato la Convenzione ammette questa pratica in determinati casi eccezionali che riguardano proprio le persone con disabilità. Lo ha mostrato il rapporto 2022 dell’European Disability Forum (Edf):pur non parlando in modo esplicito disterilizzazione forzata, ci sono13 Paesi che attribuiscono a qualcun altro(un medico, un rappresentante legale o un tutore) il potere didare il consenso o meno a un intervento chirurgico per la soppressione della capacità riproduttivadi una persona con disabilità. Ci sono Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Slovacchia. In Portogallo, Ungheria e Repubblica Ceca, gli interventi forzati sono ammessi anche nei confronti dei minori. L’indagine delNew York Timesha chiarito come a essere sterilizzate sono soprattutto ledonne con gravi disabilità mentali,spesso senza alcuna necessità medica. Interventi di questo tipo sono abbastanza rari, ma non è possibile farne un calcolo preciso perché in molti Paesi non ci sono banche dati di riferimento. Tra le storie diventate pubbliche c’è quella diHermina Hreidarsdottirin Islanda. A marzo di quest’anno ha deciso di sottoporre la figlia ventenne, affetta da una profonda disabilità intellettiva, a un intervento diisterectomiaper la completa rimozione dell’utero. In Islanda la legge vieta la sterilizzazione forzata, tranne nei casi di necessità mediche, eppure l’isterectomia è considerata (stranamente) un trattamento medico escluso dal divieto. «So che è un tabù, ma non l’abbiamo fatto per renderla sterile. Volevamo che stesse meglio», ha detto la donna, che ha spiegato di voler alleviare il peso per la figlia di un ciclo mestruale che a volte durava anche 6 settimane, dopo il fallimento di altri metodi contraccettivi come le iniezioni di ormoni e la spirale. E se una persona con disabilità vuole avere figli? Il tema è complesso e non si esaurisce nel desiderio di diventare genitori. Pensiamo alle persone con sindrome di Down: se è solo uno dei partner ad averla, lapossibilità di trasmissioneal figlio è del 50%. Ma negare il riconoscimento dei diritti riproduttivi alle persone con disabilità per il semplice fatto che sono portatori di una “diversità” è una chiara discriminazione che, come spiega l’Edf, esprime“la persistente convinzione paternalistica, infantilizzante e patriarcalesecondo cui una persona con disabilità non sarebbe in grado di prendersi cura di un bambino”. Se in passato erano i Governi a promuovere politiche di contraccezione forzata ispirate a principi di discriminazione o eugenetica (è successo alle donne inuit inGroenlandia), ora sono soprattutto i familiari e gli assistenti che avrebbero il compito di prendersi cura delle persone con disabilità a chiederne la sterilizzazione, spesso per motivi di convenienza personale come una più semplice gestione di alcuni aspetti della cura. InFranciae inBelgio, a esempio,diverse residenze per persone con disabilità richiedono come requisito di ammissione la sterilizzazione, costringendo così le persone e i loro familiari a dare il consenso a una procedura altrimenti vietata dalla legge. Una psicologa belga, Anne Dasnoy-Sumell, ha riferito di aver avuto in terapia 2 donne con moderate disabilità intellettive che erano state sterilizzate su pressione dei genitori senza davvero comprendere quello che stava succedendo. Il fenomeno in Italia è perlopiù sommerso. Secondo quantoriportatoda Luisella Bosisio Fazzi, che fa parte del consiglio direttivo dell’Edf: «Nel nostro Paese non esistono dati, ma sappiamo per certo che la sterilizzazione forzata rimane una pratica diffusa, magari mascherata da altri tipi di intervento come un’asportazione dell’appendicite o una biopsia. Il che vuol dire che esiste una certa compiacenza nell’eseguire un intervento che, non essendo sempre lecito, stenta a essere portato alla luce. Siamo al corrente dell’esistenza di tale prassi grazie alla testimonianza di alcune donne con disabilità fisica, che si sono accorte diessere state sterilizzate in età adolescenziale,quando hanno deciso di cercare una gravidanza. Ma se per le donne con disabilità fisica i dati scarseggiano, di quelle con disabilità psichica o cognitiva non si sa assolutamente nulla».

Redazione

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