Categories: Diritti

La voce delle afghane, strumento di resistenza e ricostruzione

 

Il15 agosto 2021iTalebanisono tornati al potere inAfghanistane, da quel giorno, idiritti delle donnesono stati sempre più messi da parte, limitati, repressi. Oggi le ragazzenon possono istruirsi,frequentare parchi e palestre, essere libere diviaggiaresole. In poco più di 2 anni, la vita delle afghane è tornata indietro di 20. Tra le organizzazioni che lottano per tutelare le libertà delle donne nel Paese c’èFondazionePangea,che dal 2003 è attiva sul posto per garantire alle cittadine opportunità di empowerment e di emancipazione economica e sociale, e che ha presentato a Roma l’Osservatorio Afghanistan, la voce delle donne Afgane come agenti di sviluppo e cambiamento(finanziato dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale). Tra i punti salienti del progetto: il rapporto diPangeasullacondizione delle afghanee unOsservatorio internazionaleper monitorare l’applicazione dell’Agenda Donne Pace e Sicurezza(legata alla Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite). «Lepolitiche escludenti e discriminatorie dei Talebani,che impediscono l’attuazione dei diritti fondamentali come l’istruzione, la libertà di movimento e il diritto al lavoro, stanno opprimendo e subordinando le donne – ha spiegato Simona Lanzoni, vice presidente diPangea, che ha partecipato all’evento a Roma insieme a diversi relatori internazionali – Seoltre metà della popolazione femminile rimane a casae non partecipa alla vita pubblica, difficilmente il Paese potrà sperare di uscire dalla fame, dalla povertà e dalla crisi economica e umanitaria nei prossimi anni». Durante l’incontro, si è parlato dipartecipazione pubblica e politicafemminile,supporto umanitario, discriminazioni nel mondo dell’istruzionee della sanità con Orzala Nemat (attivista e studiosa afghana, fondatrice e direttrice delDevelopment Research Group); di «voci resilienti»,sviluppo digitale,empowerment economicocon Nahid Shahalimi (fondatrice e direttrice diWe The Womene membro del Consiglio consultivo delCenter for Feminist Foreign Policy.); dicriminicontro le donne eTransitional Justicecon Huma Saeed (criminologa, esperta di diritti umani, ricercatrice senior all’universitàKU Leuvene docente all’università Sant’Anna). Si è parlato diapartheid di generecon Malek Sitez (esperto di diritti umani, diritto e relazioni internazionali) e di speranza eprospettive futureper le donne con Richard Bennett (relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan). Tra gli altri interventi, anche quelli di Luca Fratini (ambasciatore e coordinatore Donne, Pace e Sicurezza, Giovani e Mediazione), della Senatrice Stefania Pucciarelli (presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato) e dell’Onorevole Luana Zanella (presidente del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra della Camera dei Deputati, presidente dell’Unione Interparlamentare Italia Afghanistan) che hanno parlato di diritti negati e libertà represse nello Stato. «L’Afghanistanè l’unico Paese al mondo che mette in atto un vero e proprioapartheid di generecontro le donne per legge – ha affermato Lanzoni – e non permette l’istruzione alle bambine dopo gli 11 anni. Le donne sono escluse dal lavoro, anche quello umanitario, culturale e politico. Perfino la loro libertà di abbigliamento o di movimento nella vita privata e pubblica è regolata e limitata. Si impongonoregole contro ogni diritto di scelta delle donne, come i matrimoni forzati, laviolenza sessuale, l’obbligo al matrimonio riparatore, la costrizione a rimanere con il marito malgrado le violenza domestiche». Come ha spiegato la vice presidente diPangea, nei mesi passati la Fondazione ha organizzatotavole rotonde, workshop, conferenze e incontriper raccogliere le testimonianze di attiviste, accademiche, rappresentanti politiche, giovani donne afghane, residenti nel Paese e all’estero. «Da questi incontri sono scaturite una serie diraccomandazioni rivolte all’Italia e alla Comunità Internazionale,che riassumono gli spunti emersi durante le discussioni», ha spiegato Lanzoni. Si chiede illibero movimento delle donne, in totale sicurezza e autonomia; l’accesso all’istruzioneper tutte le fasce d’età, l’erogazione di borse di studio e opportunità di educazione per le giovani rifugiate in Italia; la possibilità per le donne in Afghanistan dilavorarein ogni settore (pubblico, privato, umanitario) senza limiti o minacce; diriconoscere la libera scelta su matrimonio e maternitàe di contrastare la violenza di genere. Si chiede che “l’attualeGoverno afghano non sia riconosciuto come legittimodall’Italia e da nessun altro Paese che si definisca democratico e di promuovere tutte le azioni necessarie affinché le donne siano parte del processo decisionale in quanto società civile organizzata e in quanto rappresentanza politica”, spiegaPangea. Viene inoltre chiesto che le operazioni umanitarie a sostegno della popolazione siano svolte in totale trasparenza e incollaborazione con le organizzazioni internazionali e della società civileafghana; che le donne siano considerate tra le prime beneficiarie dalle politiche di sviluppo; che venga rafforzato il sistema sanitario nazionale,sostenendo il lavoro delle medichee favorendo interventi per lasalute mentaledelle donne, ogni giorno sempre più relegate alla sfera domestica. “Da qui – spiegaPangea- la necessità di creare anche unOsservatorio internazionale permanenteperché la condizione femminile in Afghanistan non venga dimenticata”. Tra gli obiettivi dell’Osservatorio: ideare e sviluppare piani e strategie peraffrontare il tema della condizione femminilein Afghanistan; offrire spazi diincontrotra le donne;monitorarela situazione nel Paese in relazione agli obiettivi dell’Agenda Donne, Pace e Sicurezza. Un modo perrestituire la voce alle donneche sono rimaste nel Paese e a quelle che sono riuscite a fuggire ma non smettono di lottare per le proprie compagne; pernon spegnere i riflettori sulla situazione afghanaperché, come ha ricordato Nahid Shahalimi, la voce delle donne si deve sentire anche fuori dall’Afghanistan.

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