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Monumenti: il Regno Unito vorrebbe evitare la cancel culture

 

Dopo che i manifestanti diBlack Lives Matterhanno sostituito la statua del commerciante di schiavi Edward Colson con quella dell’attivista Jen Reid nella città di Bristol, decidere cosa fare con le statue di personaggi storici delpassato colonialeè diventata una questione controversa nelRegno Unito.Il Governo britannico ha così decido di chiedere agli istituti che ricevono richieste di rimozione delle statue in loro possesso di“conservare e spiegare” l’origine di questi monumenti. Dal 2020,21 statue di schiavisticontestate dal movimento per i dirittiBlack Lives Mattersono staterimosse. L’intervento ha riguardato almeno 44 città traInghilterra, Galles e Scozia, dove sorgevano 84 monumenti criticati perchéritraevano personaggi storici come schiavisti e colonialisti.Mentre un quarto di queste statue non esiste più, il Ministero della Cultura del Regno ha pubblicatounaguidache contiene raccomandazioni per “evitare che in futuro si verifichino sottrazioni affrettate,forzate o sconsiderate dei beni contestati”. Per il momento, le linee guida verranno applicate soltanto in Inghilterra. Secondo le istruzioni ministeriali, i custodi delle statue e dei monumenti contestati dovrebbero rispettare la politica del Governo di “conservare e spiegare”, ovvero fornire ai cittadini “unaspiegazione esauriente sull’intera storia della persona o dell’evento raffigurato,in modo che una comprensione più completa del contesto storico possa essere conosciuta, compresa e dibattuta”. Nella stesura di queste linee guida, il Ministero si è avvalso del contributo di accademici ed esperti del patrimonio culturale nazionale che sono stati nominati all’interno dell’Heritage Advisory Boarddal Governo. L’organo di esperti ritiene che larimozione dei beni culturali rischi di limitare la comprensionedegli aspetti difficili della storia del Paese e delle azioni intraprese dalle persone in passato, anche se oggi possono essere considerate inaccettabili. In occasione della pubblicazione della guida, la ministra della Cultura Lucy Frazer ha detto: «IlRegno Unitoè stato motore di progresso, democrazia e valori liberali. Questo è il motivo per cui voglio che tutte le nostre istituzioni culturali resistano a farsi guidare da qualsiasi politica o agenda e utilizzino le loro risorse per educare e informare piuttosto che cercare di cancellare le parti della nostra storia con cui ci sentiamo a disagio». L’opposizione laburista ha tuttavia criticato la misura, sostenendo che si tratti di untentativo del Governo per alimentare guerre culturalinella speranza dirafforzare il sostegno della base elettorale dei conservatori. Per fornire al pubblico informazioni più complete riguardo il patrimonio culturale contestato, la guida suggerisce anche soluzioni di tipo creativo. Analizzando10 casi studioindividuati in Regno Unito, Irlanda del Nord, Olanda e Stati Uniti, gli esperti consigliano direinterpretare i monumentilegati al passato colonialespiegando il loro ruolo nella storia:“Riteniamo che il modo migliore per avvicinarsi alle statue e ai siti contestati non sia rimuoverli, ma fornire una reinterpretazione ponderata, duratura e potente, chemantenga il contesto fisico della struttura aggiungendo allo stesso tempo nuovi livelli di significato”. Tra i casi studio citati, c’è la chiesa di Santo Stefano a Bristol: a partire dal XIII secolo, al suo interno si tenevano le benedizioni delle navi che partivano dalla città; tra queste c’erano anche le navi mercantili di schiavi in ​​viaggio verso l’Africa. Nel 2011, la chiesa ha inaugurato al suo interno laReconciliation Reredos, un’opera d’arte contemporanea commissionata per riconoscere i legami della Chiesa con laschiavitùtransatlantica.

Redazione

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