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Perché dobbiamo parlare (ancora) di asili

 

Iniziamo con la parte facile: nel nostro Paese, gliasili nidoe, più in generale, lestrutture per l’infanzianon ci sono. Siamo strutturalmente in ritardo rispetto all’obiettivo europeo del 33% didisponibilità di posti(che ora è stato elevato al45% da raggiungere entro il 2030). Noi come siamo messi? Mah: in Campania siamo al 6,5%, in Sicilia all’8,2%, in Calabria al 9%, secondo le stimeSvimez. Lamedia nazionale è del 22,7%,le Regioni più virtuose l’Umbria con il 36,1% e la Toscana con il 36%. Un difetto strutturale, che è prima di tuttoculturale. Nel nostro Paese i nidi non servono:ci sono le mamme, a prendersi cura dei bambini. In uno Stato che vuole le donne soprattutto madri, in cui1 donna su 3 lascia il lavoro dopo il primo figlio, in cui quasi il73%delle donne che ha un bambino lavora inpart-timee in cui oltre il 61% delle donne che lavorano part-time lo fanno essendovi costrette dall’assenza di servizi alle famiglie, ancora stiamo qui a discuterne. Quali sono le novità? C’è che nelle previsioni iniziali delPnrr,che già sulla costruzione degliasili nidoaveva fatto un bel pasticcio, i posti nelle strutture per l’infanzia sarebbero dovuti essere 264.480. Poi sono scesi a 250.000. Ora, dopo la revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza accolta dalla Commissione Europea, i posti sono diventati150.000. Cosa è successo, nel frattempo?Si sono alzati i prezzi,dicono dal Governo. E quindi quei 2,4 miliardi di euro stanziati per la costruzione delle nuove strutture per l’infanzia non bastano più per coprire i posti previsti. E poi c’è il tema di tutte le opere di riqualificazione delle strutture esistenti, cheNext Generation EUnon aveva previsto di finanziare, ma che l’Italia ha inserito comunque nel piano. E che ora, prevedibilmente, non saranno finanziate. Come la risolviamo? Allora, la risposta ufficiale è che oradovrebbe subentrare un secondo Piano Asili,che dovrebbe magicamente portarci a raggiungere il famoso (e temuto) obiettivo del 45%. E su questo aspettiamo i dettagli tecnici. Ma devo dire, lo svolgersi delle vicende è sconfortante. Perché anche nel dibattito pubblico, questo viene ancora troppo spesso derubricato a“tema delle donne”e di volta in volta posto in secondo piano. Sembra che non comprendiamo le potenzialità legate alla fornitura di un’infrastruttura sulla quale siamo ormairidicolmente in ritardo.E trovarsi ogni volta a rimarcare le motivazioni per le quali invece questiasili nidodovremmo costruirli è sfibrante. Eppure. Facciamolo un’altra volta. Ricordiamoci (collettivamente) perché è importante Mettiamo subito in chiaro una cosa: quella degliasili nido non è una misura “per le donne”.Ci andiamo noi all’asilo nido? Troveremo qualcuno che ci sfama e ci coccola? Potremo fare il riposino? (Certo che, se fosse così…). Lestrutture per l’infanziasono innanzituttoper le bambine e i bambini,che ne sono i naturali beneficiari. È anche del tutto sensato affermare che si tratti di unamisura per le famiglie.E però, sappiamo che di fatto è uno strumento in grado di liberare la forza lavoro femminile. Perché nel nostro Paese, secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il75% delle attività di cura è ancora sulle spalle delle donne.E, dal momento che ancora una volta quest’anno,Almalaureaci ha confermato che le donne rappresentano il migliore capitale umano che abbiamo, il tema è legato a doppio giro alla ricchezza che l’Italia sarebbe in grado di produrre se le donne fossero davvero libere (non solo di fatto, ma anche culturalmente e rispetto al giudizio collettivo) di lavorare e guadagnare i propri soldi. Secondo i datiMcKinsey Global, se iltasso di occupazione femminilearrivasse ai livelli di quello maschile (67,1%), ilPil italiano potrebbe aumentaredi oltre il 12%. Vantaggi per tutte e tutti, vantaggi per il Paese, vantaggi per le bambine e i bambini, ma l’Italia sembra sempre non esserne convinta fino in fondo. Ma voglio chiudere con una provocazione:se la cura dei bambini fosse quasi totalmente a carico degli uominianziché elle donne,ne staremmo ancora parlando?

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