Domenica 22 ottobre le biciclette, tantissime biciclette, si sono prese le strade di Milano. Oltre 2.000 persone di tutte le età e i generi hanno pedalato insieme per 16 chilometri nellaMille Mila Bici, la biciclettata organizzata daLegambientee daMilano in Biciclettaper ripetere ancora una volta quantoMilano debba puntare su una mobilità più sostenibile, sicura e inclusiva. «Giornate come queste sono importanti perché i cittadini ce le chiedono, vogliono una città meno pericolosa, aperta ai ciclisti, ai pattinatori, ai monopattinisti, ai pedoni. Abbiamo bisogno di un cambio di passo», ci ha detto il responsabile della mobilità e dello spazio pubblico diLegambiente Lombardia, Federico Del Prete. A Milano non si respira: bisogna togliere delle auto dalla strada Che Milano debba ripensare il suo modello di mobilitàè comprovato dai dati. Mentre scriviamo questo articolo, il capoluogo lombardo è la città europea con la più alta concentrazione di Pm 2,5 in Europa in base alranking di IQAir. Secondo il rapportoMal’aria di cittàdi Legambiente, lo scorso annoMilano ha sforato per 84 giorni il limite di 50 microgrammi/metro cubo di Pm 10, seconda in Italia solo a Torino: per l’Oms, la concentrazione di polveri sottili non dovrebbe superare i 10 µg/m³ per non mettere in pericolo la salute delle persone. Insomma,a Milano la qualità dell’aria è pessimae le emissioni delle auto e dei camion contribuiscono non poco a renderla ancora più irrespirabile. «Lo spazio pubblico dove si gioca la partita della mobilità, cioè la strada, non è infinito e per avere un equilibrio bisogna togliere delle cose – ha continuato Del Prete -. Guardando i numeri, è evidente che dobbiamo diminuire il numero delle automobili private». Oggi a Milano ci sono 49 auto private ogni 100 abitanti, quasi una su due.L’obiettivoè scendere a 35 entro il 2030. Come? «Regolamentando la sosta. In nessun Paese al mondo è garantito parcheggiare sempre, comunque, dovunque e soprattutto gratis. Questa cosa non ha futuro, soprattutto in città piccole come Milano, quindi bisogna iniziare da lì». Oltre a questo, bisogna incentivare e migliorare il trasporto pubblico, che a Milano già funziona abbastanza bene, soprattutto potenziando i collegamenti con l’hinterland, e rendere le strade più aperte e sicure ai frequentatori più deboli, pedoni e ciclisti su tutti. Troppi morti in bici. LaCittà 30è un primo passo per la sicurezza La scorsa domenica, con le strade svuotate per la biciclettata, finalmente chi ogni giorno rischia la vita tra auto troppo veloci, camion e furgoni parcheggiati in doppia fila, rotaie del tram e pavè ha potuto pedalare in serenità, diventando protagonista della strada e non una fastidiosa comparsa. Secondo l’Agenzia regionale di emergenza e urgenza(Areu), a Milano negli ultimi cinque anni sono aumentati del 25% gli incidenti stradaliin cui un ciclista è stato investitoe nel 2021 ben 864 incidenti hanno coinvolto almeno un ciclista. Quest’anno, nonostante siano timidamente aumentati gli spazi ciclabili, già cinque persone sono morte mentre pedalavano per le strade di Milano. In questo scenario, continuare a usare la biciclettaè quasi un atto di resistenzacompiuto da chi vuole immaginare una città e un futuro diversi. Come Giulia, che alla manifestazione del 22 ottobre pedalava con i suoi quattro figli caricati nel cassone della cargo bike: «Li porto a scuola tutti i giorni così. Con questa bici mi sento un pochino più sicura, però non è che le strade siano proprio adatte ai ciclisti, manca attenzione nei nostri confronti. Le mie due figlie grandi, che tra poco non ci staranno più nella cargo, andrebbero volentieri sulle loro biciclette, ma da sola non me la sento di portarle». Per diminuire questo pericolo costante,il primo passo è abbassare i limiti di velocità. Del resto, se un pedone o un ciclista vengono colpiti da un’auto che va a 30 chilometri all’ora, hanno il 90% di possibilità di sopravvivere, mentre se l’auto viaggia a 50 chilometri orari, la percentuale crolla sotto il 30%. Milano ha già deciso di abbracciare il modelloCittà 30e dall’anno prossimo nell’area urbana i limiti di velocità dovrebbero abbassarsi. Funzionerà? «Dipenderà da quanto sarà determinata l’amministrazione», il monito di Del Prete, che ha ricordato anche che «se tutti andiamo piano, paradossalmente andiamo tutti più veloce». La segnaletica orizzontale per le biciclette è utile, dobbiamo solo abituarci La creazione di una città e di strade più aperte alla mobilità dolce comporta un cambio di panorama, a cominciare dalla segnaletica. Fino ad adesso purtroppo non siamo stati educati a vedere i percorsi ciclabili continuare alle intersezioni, quindioggi i nuovi disegni e le vie tracciate sulla strada possono creare disordine e spaesamento. Per il responsabile mobilità diLegambiente Lombardia, però,questo è dovuto principalmente alla scarsa abitudine: «La segnaletica orizzontale crea confusione se non ci siamo abituati. In Italia abbiamo un codice della squadra che sta evolvendo troppo lentamente rispetto al resto d’Europa e quindi l’idea che ci sia un incrocio dipinto di rosso a noi ci manda fuori neanche fosse una droga psichedelica. In realtà sono dei provvedimenti che servono a creare attenzione soprattutto sulle intersezioni, dove nelle città si concentra l’80% delle collisioni». Cambiare cultura è un altro passo fondamentale La realtà, però, è che ancora oggi i ciclisti sono percepiti dal resto degli utenti della strada, e da buona parte dell’opinione pubblica, principalmente come una seccatura, se non proprio come causa di problemi. «Si chiama attenzione selettiva- secondo Del Prete – Le persone tendono a considerare solo quello che gli interessa. Certo, ci sono anche ciclisti indisciplinati, mala maggior parte delle infrazioni al codice della strada sono inevitabilmente fatte dagli automobilistie da chi utilizza le motociclette o i ciclomotori». E poi, chi dice che le automobili devono essere le padrone incontrastate della strada, solo perché si è sempre fatto così? Mentre pedalavano sulle strade di Milano finalmente al centro della carreggiata (dal Castello Sforzesco su fino a City Life, e poi via sul cavalcavia della Ghisolfa, su Corso Buenos Aires, in via Gioia e di nuovo verso il Castello), i 2.000 partecipanti aMille Mila Bicisi sono resi conto per un giorno di cosa voglia dire riappropriarsi della strada, come hanno fatto negli ultimi cento anni le automobili. Fermi all’incrocio tra Piazzale Loreto e Corso Buenos Aires, durante il commovente ricordo di Veronica Francesca D’Incà, la giovane donna morta a 38 anni investita da un camion lo scorso febbraio, Tommaso Goisis, speaker e animatore della pedalata, ha detto che 30 all’ora «non è solo un limite di velocità, ma è un’idea di città diversa, dove lo spazio pubblico è distribuito in maniera giusta. Dove sono i pedoni ad avere la priorità, poi le persone in bici, i mezzi pubblici e dove le auto e i camion sono ospiti nella strada». È arrivata l’ora di cambiare lo status quo: una città con più ciclisti e meno automobili è una città meno inquinata, più sicura, con connessioni sociali più forti. Milano, che su tantissimi fronti guida il cambiamento, non può restare indietro. Per fare una rivoluzione, alla fine, basta una bicicletta.
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