Detenute, maltrattate e private di cibo e documenti. Ledonnein cerca di un’occupazione che vengono assunte comecollaboratrici domestichenegliEmirati Arabi Unitihanno mosso accuse scioccanti nei confronti delle agenzie di reclutamento che le assumono attraverso app e piattaforme online. Inun’inchiestadelGuardian,14 donne dell’Africa orientale e delle Filippine hanno raccontato di essere statetenute imprigionatein alloggi squallidi, in un processo che può richiedere anche mesi e mesi, in cui spesso le lavoratrici vengono restituite alle agenzie. Secondo un esperto, ci sarebbero prove che dimostrano come questo metodo ricordi laschiavitù. «Nel momento in cui siamo atterrati [il personale dell’agenzia] ha preso i nostri passaporti. Poi siamo andati in questa casa.In una stanzetta dormivamo in 8 o 9. Non era consentito usare i cellulari – ha raccontato una delle intervistate, di origine filippina, reclutata da un’agenzia nell’emirato di Ajman – Rimaniamo insieme sul pavimentofinché qualcuno non ci compra». Lei e le altre donne sono state assunte per lavorare negli Emirati Arabi Uniti nei loro Paesi d’origine, alcune attraverso membri delle loro comunità che fungevano da intermediari e altri rispondendo ad annunci su Facebook. Una volta arrivate a Dubai, anziché essere subito affidate a un datore di lavoro, sono rimasterinchiuse negli alloggi della loro agenzia per diversi mesi. Qui non avrebbero ricevuto nessuna retribuzione né cibo adeguato e sarebbero state picchiate dopo aver abbandonato dei datori di lavoro violenti. La prigionia non ha permesso loro nemmeno di guadagnare uno stipendio per sostenere le famiglie a casa. IlGuardianracconta la storia di una donna di 27 anni giunta nel 2021 negli Emirati Arabi Uniti per fare la collaboratrice domestica. Al suo arrivo, il personale dell’agenzia di collocamentoShamma Almahairi Domestic Workers Services Center le avrebbe confiscato il telefono e il passaporto e poi l’avrebbe collocata in una stanza, all’interno di un complesso,con altre 12 donne di origine kenyota. Dopo 3 mesi, la donna è fuggita mentre il personale era in pausa pranzo grazie all’aiuto di altre prigioniere. «Ci hanno detto che l’agenzia appartiene al governo e che non potevamo fare nulla. Sono dovuta scappare». Una donna indonesiana che ha cercato di fuggire nel 2021 ha raccontato di essere statasottoposta a un grave pestaggio. Lei, 50 anni, ha deciso di fuggire mentre stendeva il bucato sul tetto, attraversando l’edificio vicino. Una volta catturata, però, un manager egiziano dell’agenzia l’avrebbe picchiata mentre le altre donne erano costrette a guardare. Questi casi non sono una novità: giànel 2014un reportdiHuman Rights Watchaveva denunciato le condizioni delle collaboratrici domestichereclutate negli Emirati Arabi Uniti. All’epoca, secondo il gruppo per i diritti umani, le lavoratrici domestiche migranti nel Paese erano 146.000. Il Paese hanno una popolazione di 10,1 milioni di abitanti e gli immigrati rappresentano il 90%. Le lavoratrici domestiche sono molto richieste, e questo rende il commercio lucrativo per le agenzie di reclutamento, che necessitano di una licenza da parte del governo per operare. HRWne ha intervistate 99 tra novembre e dicembre 2013. Tutte sostenevano di essere state attirate con la promessa di salari elevati e buone condizioni di lavoro, e di aver subito una serie di gravi abusi all’interno del sistema di sponsorizzazione dei visti, noto comekafala, gestito dagliEmirati Arabi Uniti. Secondo quanto documentato, le lavoratrici domestiche sono particolarmente vulnerabili agli abusi da parte dei loro datori di lavoro e quelle che se ne vanno senza il loro permesso rischiano un’accusa penale per “fuga”, punibile conmulte, arresto, detenzione e deportazione. Nei centri di reclutamento vengono tenute, a volte per mesi, fino a quando non viene trovato un datore di lavoro. «Il sistema dellakafalasignifica che le lavoratrici domestiche non sono più intrappolate solo dal loro datore di lavoro, ma ora anche dai reclutatori – ha spiegato alGuardianRothna Begum, ricercatrice senior sui diritti delle donne pressoHuman Rights Watch-Questo le lascia esposte a ulteriori abusi, tra cui iltraffico di manodopera forzata da parte dei reclutatorioltre che dei loro datori di lavoro, e i loro diritti per legge diventano insignificanti». Il Governo degli Emirati Arabi Uniti ha revocato la licenza di Shamma Almahairi a settembre, a causa di multe non pagate e altre infrazioni burocratiche. Eppure, secondo l’indagine delGuardian,pare che le donne vengano ancora trattenute nei suoi alloggi.Un portavoce del Governo ha dichiarato al quotidiano britannico che «gli EAU mantengono una politica di tolleranza zero nei confronti degli abusi sul posto di lavoro. […] Conduciamo indagini approfondite ogni volta che individui e/o entità agiscono in modo tale da contravvenire alla legislazione degli EAU. Coloro che sono ritenuti colpevoli sono chiamati a rispondere in linea con la legge e la normativa degli EAU».
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