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Francia: una class action contro la profilazione razziale

 

In tutta laFrancia,le personeBipoc(soprattutto i giovani neri o nordafricani) vengono regolarmenteindividuate, fermate e perquisite per strada; inoltre, vengono richiesti loro i documenti d’identità senza spiegazioni, spesso più volte al giorno e partire dall’età di 11 anni. Lo denuncia una class action contro lo Stato francese (la prima di questo tipo) portata avanti da6 organizzazioni francesi(Maison Communautaire pour un Développement Solidaire, PazapaseRéseau Egalité, Antidiscrimination, Justice Interdisciplinaire-Reaji)e internazionali (Amnesty International, Human Rights WatcheOpen Society Justice Initiative). Le associazioni hanno chiesto alConseil d’etat, il più alto tribunale amministrativo francese, diriconoscere le autorità francesi colpevoli “di non aver impedito l’uso diffuso della profilazione etnica”e di costringere lo Stato a porre fine a questa pratica, condannata per più di un decennio da diversi organismi indipendenti, dalle Nazioni Unite al Consiglio d’Europa passando per il difensore civico francese per i diritti. Dirazzismonel sistema di sorveglianza e sicurezza francese si è parlato molto dopo l’uccisione da parte della polizia di Nahel,un ragazzo di 17 anni di origine Algerina. Durate le proteste che hanno infiammato la Francia dopo la sua morte, il 27 giugno, tantissime persone Bipoc, soprattutto adolescenti, hannocondiviso le discriminazioni subite, spiegando come fosse“normale” che la polizia li fermasse,anche più volte al giorno, senza motivo. «È falso affermare che esiste un razzismo sistemico nella polizia nazionale», aveva dichiarato a una commissione parlamentare in luglio il ministro degli Interni Gérald Darmanin. Invece, ha ricordato Simone Browne inMaterie oscure/Dark Matters. Sulla sorveglianza della nerezza(pubblicato nel 2015 daDuke University Presse recentemente uscito in Italia perMeltemi, 19 euro, 268 pagine), da secoli letecnologie di sorveglianzasono state utilizzate con l’intento dicolpire ed esercitare un controllo specifico sulle persone nere. Il razzismo, spiega Browne, è strutturale nelle pratiche e nelle politiche di sorveglianza e ha portato a una sproporzionata attività di polizia e controllo delle persone nere. LaFrancia, però, sembra volersi ostinare nel rifiutarsi di vederlo. Nonostante sia un problema documentato da organismi nazionali e internazionali indipendenti, «c’è ancora una smentita. Le autorità francesi continuano a sostenere chenon esiste alcun problema sistemico nella polizia francese,si tratta solo di un paio di individui che potrebbero comportarsi male» haspiegatoMaïté De Rue, avvocato senior dellaOpen Society Justice Initiative. «I tragici eventi di quest’estate hanno mostrato alla Francia e al mondo ancora una volta che qualcosa è profondamente rotto nella polizia francese», ha aggiunto, spiegando come i Governi francesi che si sono succeduti e i relativi organi di polizia si siano rifiutati di riconoscere la necessità di un cambiamento sistemico per fermare la discriminazione profondamente radicata nei controlli di identità della polizia sui cittadini Bipoc. Eppure, nel giugno 2021 laCorte d’appello di Parigi avesse condannato lo Stato franceseper “grave negligenza” per quello che ha definito ilcontrollo discriminatorio dell’identità di 3 studentidelle scuole superiori in una stazione ferroviaria di Parigi nel 2017; e già 2016 la più alta corte francese avesse affermato che l’arresto di 3 uomini sulla base di caratteristiche fisiche legate alla loro presunta origine razziale costituiva una condotta gravemente illecita. «È una cosa che in Franciasi denuncia da più di 40 anni, ma non ci sono stati progressi; in effetti, troppo spesso sembra che stiamo andando indietro. I controlli [della polizia] possono iniziare dai 10 o 11 anni, e si concentrano sui giovani. Dopo circa 25 anni rallenta ma non si ferma. Ha un profondo impatto psicologico», ha spiegato Issa Coulibaly dell’associazionePazapasdi Belleville, a nord di Parigi. È un fenomeno comune, quotidiano, che ogni persona percepita come nera o nordafricana ha subito. E non lo dicono solo le esperienze empiriche, ma i dati. Secondo il rapporto del2017delDéfenseur du droit,i giovani uomini identificati come magrebini o neri rischiano 20 volte di più di essere fermati dalla polizia, spesso senza motivo. Non si tratta di casi sporadici, ma di una condizione sistemica. Per questo, l’obiettivo dellaclass actionnon è ottenere risarcimenti privati, bensì costringere lo Stato a mettere in atto misure perfermare questa pratica, come definizioni più rigorose delle ragioni dei controlli di identità da parte della polizia, un sistema per registrare i controlli e una regolamentazione per quando le autorità prende di mira i bambini.

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