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Parigi 2024, Onu: inappropriato vietare il velo alle atlete

 

«Nessuno dovrebbe imporre a una donna cosa deve indossare o non indossare». Con queste parole la portavoce dell’ufficio per i diritti delle Nazioni UniteMarta Hurtadoha spiegato ai giornalisti, a Ginevra, che le donne non dovrebbero essere costrette a rispettare i codici di abbigliamento durante iGiochi Olimpici del 2024 a Parigi. Le Nazioni Unite, nella persona di Hurtado, sono dunque intervenute nel dibattito francese sulla laicità e l’abbigliamento femminile. I giornalisti le hanno chiesto se il divieto imposto dalla Francia soddisfacesse i criteri dell’Onu in materia di diritti umani. Le sue dichiarazioni seguono quelle della ministra dello SportAmelie Oudea-Castera,che domenica, intervistata dal canale televisivo pubblicoFrance 3, ha detto che «la nazionale francese non indosserà il velo». E ha ribadito che il Governo è contrario a qualsiasi esposizione di simboli religiosi durante gli eventi sportivi. «Cosa significa?Significa il divieto di qualsiasi tipo di proselitismo e l’assoluta neutralità del servizio pubblico», ha dichiarato Oudéa-Castéra all’emittente francese, facendo riferimento alla “missione di servizio pubblico” degli atleti francesi. Martedì, in una nota, ilministero dello Sportha dichiarato che le sue osservazioni sono in linea conla legge francese del 2004che regola, in applicazione del principio di laicità, l’uso di segni o abiti dimostranti l’appartenenza religiosa nelle scuole pubbliche, universitarie e superiori”:i campioni e le campionesse devono rimanere neutrali e non esprimere opinioni o convinzioni religiose. Per questo, “non possono indossare il velo (o qualsiasi altro accessorio o indumento che esprima la loro affiliazione religiosa) quando rappresentano la Francia in una competizione sportiva nazionale o internazionale”, ha specificato. Hurtado ha spiegato, però, che la Francia, in quanto firmataria dellaConvenzione internazionale che elimina la discriminazione nei confronti delle donne, adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dovrebbe «prendere tutte le misure appropriate per modificare qualsiasi modello sociale o culturale basato sull’idea di inferiorità o superiorità dei due sessi». E ha aggiunto: «Le pratiche discriminatorie contro un gruppo possono avere conseguenze dannose.Secondo gli standard internazionali sui diritti umani, limitare l’espressione della religione, delle convinzioni o delle scelte è accettabile solo in circostanze veramente specifiche che rispondano a legittime preoccupazioni di sicurezza e ordine pubblico». Le leggi francesi vietano l’uso di simboli religiosi “ostentati” in alcuni contesti, come nelle scuole statali e da parte dei dipendenti pubblici. Il Paeseha vietato le coperture integrali del viso nel 2010, mentre il Consiglio di Stato francese ha confermato a giugnoil divieto per le calciatrici di indossare l’hijabe a settembrequello dell’abayanelle scuole. Secondo il massimo tribunale amministrativo del Paese le federazioni sportive hanno il diritto di imporre questi alle proprie giocatrici per “garantire il regolare svolgimento delle partite e prevenire scontri o confronti”. Tutte queste rigide norme hanno lo scopo dimantenere lo Stato neutrale in materia religiosa, ma al tempo stesso si ritiene che garantiscano ai cittadini il diritto di praticare liberamente la propria religione. Tuttavia, secondo i critici, il Governo avrebbe virato a destra nel tentativo di competere con i suoi rivali di estrema destra. L’anno scorso la Francia era già stata rimproverata per aver discriminato una donna musulmana impedendole di frequentare una formazione professionale in una scuola pubblica mentre indossava il velo. Secondo la Commissione per i diritti umani, la decisione di negarle l’accesso al corso ha costituitoun atto di discriminazione basato sul genere e sulla religione.

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