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L’aumento dei prezzi della CO2 mette in difficoltà la ceramica

 

L’Eu Ets (Emission trading system)è il principale strumento dell’Unione europea per scambiare le quote di emissione, raggiungere la decarbonizzazione nei settori industriali e in quello dell’aviazione. Per arrivareentro il 2030a unadiminuzione del 40% delle emissionidi anidride carbonica e GHG rispetto a quelle del 2005, anno in cui il programma è stato avviato. Attraverso un meccanismocap and tradeviene fissato untetto massimo di emissionipossibili sul territorio europeo per i vari settori coinvolti – per esempio impianti energivori quali raffinerie di petrolio, acciaierie e produzione di ferro, metalli, alluminio o vetro – ed entro tale limite le imprese potranno acquistare o vendere quote di emissioni in base alla loro esigenza. Una quota infatti conferisce al suo titolarela possibilità di emettere una tonnellata di CO2o di un altro gas climalterante. Inoltre, le imprese che non hanno abbastanza quote di emissioni per le proprie esigenze produttive dovranno comprarne altre all’asta oppure da altre imprese che ne hanno in eccesso. Come in ogni grande mercato, anche quello delle emissioni subisce gli effetti delle speculazioni finanziarie. Il prezzo medio di una tonnellata di gas serra è riuscito a salirefino a 85.45 eurodi media ed è previsto unulteriore rialzo a 100 euronel periodo 2026-2030. Cifre esorbitanti, se confrontate con i listini dei primi anni di vita dell’Ets, dove il prezzo gravitava intorno ai5-6 euro, e che rischiano di diventare eccessivamente onerosi per le imprese altamente energivore, come per esempio quelle che produconoceramica. L’impennata dei prezzi costituisce «un grosso ostacolo allacompetitivitàdel nostro settore», spiega Franco Manfredini, vice presidente diConfindustria Ceramica, che sottolinea la gravità della situazione dovuta anche all’esclusione dell’industria della ceramica dallecompensazioniper i costi sulle emissioni da parte della Commissione europea fino al 2030, con il rischio di spingere sempre di più i vertici delle varie industrie a «procedere condelocalizzazioni produttivein Paesi con una legislazione a tutela dell’ambiente molto meno avanzata» rispetto a quella europea, con enormi ripercussioni negative sul processo di decarbonizzazione, beffato dai suoi stessi vincoli interni. La penalizzazione vissuta su più campi dall’industria ceramica non rende certo onore a un settore che vive principalmente di export, con8.7 miliardi di euro di fatturato nel 2022e circa 26.500 addetti diretti, ma ancheleader nella tutela dell’ambienteall’interno del panorama manifatturiero italiano. Le imprese attive nella produzione di ceramica infatti si sono autonomamente dotate dellaDichiarazione Ambientale di Prodotto (Dap), una certificazione nata per migliorare la trasparenza ambientale tra produttori e consumatori grazie al quale le aziende comunicano al pubblico le proprie strategie per orientare la produzione verso un sempre maggiore rispetto per l’ambiente. E i risultati sono stati evidenti, con unabbattimento dell’emissionedi gas inquinanti giunto finoal 99%,un crescente ricorso all’autoproduzione di energia elettrica grazie acontinui investimenti su impianti fotovoltaici(che nel 2023 aumenteranno del 75%) e un miglioramento generale della produzione. Rimane dunque da sperare che le oscillazioni finanziarie del mercato delle emissioni non si trasformino in un brusco freno per il cammino green che un settore altamente energivoro quale quello della ceramica ha dimostrato essere perfettamente in grado di percorrere.

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