Nonostante le restrizioni introdotte,Facebook, Instagram, X, YouTube, TikTok e Telegramhanno lasciato che ladisinformazionerelativa allaguerra in Ucrainasi diffondesse. Nessuna azienda ha infatti introdottopolitiche per impedire che gli account gestiti dalla Federazione Russa distribuissero false informazioninel corso del 2022, spiegal’ultimo reportpubblicato dalla Direzione generale delle reti, dei contenuti e delle tecnologie di comunicazione della Commissione europea. Secondo la ricerca, commissionata a un team di esperti indipendenti, le società disocial media“hanno permesso al Cremlino dicondurre una campagna di disinformazione su larga scalarivolta all’Unione europeae ai suoi alleati, raggiungendo un pubblico aggregato di almeno165 milioni di personee generando almeno 16 miliardi di euro”. Ma con quali effetti? Per i ricercatori, la campagna portata avanti dalla Russia è parte integrante della sua agenda militare e fonte dirischi per la sicurezza pubblica. Lapropagandasarebbe proseguita anche quest’anno. L’analisi preliminare suggerisce che la portata e l’influenza degli account sostenuti dal Governo russo “sonocresciute ulteriormente nella prima metà del 2023, spinte in particolare dallo smantellamento degli standard di sicurezza diTwitter”. Il riferimento al social acquistato dall’imprenditore Elon Musk (che oggi conosciamo comeX) è dovuto alla suamancata sottoscrizione del Codice di buone pratiche sulla disinformazione,il documento con cui l’Ue ha finora indicato come muoversi per contrastare la disinformazione in Europa. A maggio, Musk ha deciso di non rinnovare l’impegno della sua piattaforma nel seguire queste linee guida. Nel report si legge che le azioni intraprese finora dall’Unione europeanon sono state in grado di limitare il problema,ma gli autorireport (intitolatoDigital Services Act: Application of the Risk Management Framework to Russian disinformation campaigns)ritengono che l’introduzione delle nuove norme per la gestione e la mitigazione dei rischi della disinformazione previsti dalDigital Services Actpossa rivelarsi utile. Le regole, in vigore a partire da agosto 2023, obbligano le piattaforme online e i motori di ricerca a controllare il discorso pubblico e a pubblicare entro i 15 mesi successivi una relazione che comprenda le loro valutazioni e spieghi come hannoagito per “mitigare” il rischio di disinformazione. Non sappiamo ancora se e in che modo questa misura modificherà la circolazione dellefake newso l’esposizione degli utenti alle notizie false; intanto, però, l’operazione di propaganda russa relativa alla guerra in Ucraina prosegue: la Commissione spiega che l’incitamento alla violenzae i contenuti illegali suisocialsonoaumentantisistematicamente, secondo strategie di diffusione che sfruttano le zone grigie della legge sulla disinformazione online e offline. Ora, a Bruxelles, il timore è che ladisinformazionepossa colpire anche l’integrità delle prossimeelezioni europee.
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