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Svezia: inizia il processo contro i petrolieri che operarono in Sudan

 

In Svezia è iniziato in questi giorni un processo storicoa due ex dirigenti petroliferiaccusati di aver chiesto protezione armata al regime che in Sudan liberò dai civili, usando armi e violenza, un sito di estrazione petrolifera. Si tratta di un processo per certi aspetti senza precedenti dato che vede imputati percrimini di guerrain questo caso due dirigenti di azienda,ovvero Ian Lundin, svedese, e Alex Schneiter, cittadino svizzero,che rispettivamente ai tempi (fra il 1999 e il 2003) erano il presidente della societàLundin Oile l’Amministratore delegato. L’accusa è quella di aver chiesto al governo del Sudan, per scopi economici, l’uso di forza militare per liberare e mettere in sicurezza uno dei siti esplorativi dellaLundin Oil,una azione che si trasformò in violenze con tanto di uccisione di civili, bombardamenti e incendi di interi villaggi. I due si difendono dalle accuse sostenendo che erano anni, decenni, che aspettavano la possibilità di affrontare la questione in tribunale, negando ovviamente tutti i capi d’imputazione. I fatti risalgono a dopo il 1997 quando laLundin Oilsiglò un accordo conil dittatore sudanese Omar Bashir nell’area nota come Blocco 5Aper l’esplorazione petrolifera: quando fu trovato il greggio secondo l’accusa laLundintra “commissioni” e promesse di profitti al dittatore ottenne protezione delle forze armate e delle milizie che, per permettere l’estrazione, uccisero civili con metodi brutali tanto checome sostiene l’Ong olandese Paxci furono“bombardamenti aerei e persone uccise con le mitragliatrici dagli elicotteri”ma anche, “rapimenti di civili, saccheggi, interi villaggi e campi coltivati bruciati”. Tutte accuse che i vertici dell’alloraLundin, ora nota come comeOrrön Energy, respingono in quello che si annuncia un processo storico elunghissimo dato che potrebbe finire nel 2026 tra innumerevoli testimoni e centinaia di udienze. Tra le quasi 80 persone chiamate al banco ci saranno ex dipendenti della società, inviati dell’Onu, l’ex Primo Ministro Carl Bildt e diverse autorità sudanesi. Oltre allapossibilità di ergastoloin caso venga provata l’associazione a crimini di guerra, l’accusa chiede anche che vengano confiscati circa 200 milioni di euro che la compagnia ottenne nel 2003 dopo aver venduto quote dei suoi affari in Sudan. “Non vediamo l’ora di difenderci in tribunale e crediamo anche che riceveremo un processo equo”, hanno detto, sereni davanti ai giornalisti, i due accusati. Centrale, nella vicenda, il ruolo della Svezia, Paese che ha avviato l’indagine nel 2010 a seguito di un rapporto sulla presenza dell’azienda in Sudan dopo una denuncia da parte dell’organizzazione non governativa olandesePax.

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