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«Mamma, papà, vi prego: proteggete la mia privacy digitale»

 

Condividerefoto e video dei bambini sui social networkpuò esserepericoloso. Per loro e per noi. Questo è ormai ampiamente risaputo, eppure losharenting– un termine inglese che deriva dasharing, condivisione eparenting, genitorialità – è unfenomeno ancora diffusissimo(secondo le stime, coinvolge il 75% dei genitori) e, soprattutto, spesso inconsapevolmente incosciente. Molte volte, infatti, quando i genitori premono “pubblica” e lanciano una foto nel web non sanno cosa potrebbe accadere, né che, da quel momento,le immagini(e spesso molti altri dati personali)sono disponibili in tutto il mondo, senza limiti. Così momenti familiari, scolastici, persino gli attimi più intimi vengono immortalati e regalati non solo ad amici, parenti o conoscenti che possono gioire con noi di quei piccoli istanti condivisi, ma anche di malintenzionati, nelle cui mani quegliscatti diventano strumenti che possono colpire sia i bambini ritratti sia le loro famiglie. Ad aggravare il tutto il fatto che 8 genitori su 10 hanno tra i loro follower persone che non conoscono. Ogni persona, non importa se adulta o bambina,ha il diritto alla privacye adisporre della propria immagine, così comedella propriaidentità digitale. A moltissimi bambini, però, questo diritto viene negato dalle persone che più di tutte dovrebbero tutelarli: secondo gli studi, infatti,all’età di cinque anni un bambino medio ha già 1.500 foto di se stesso caricate onlinesenza il suo consenso dai propri genitori. E nei prossimi anni le cose potrebbero andare peggio, avverteDeutsche Telekom, che ha lanciato la campagnaShareWithCareper un uso consapevole e responsabile delle foto dei bambini su internet sottolineando che « come riportato dalThe New Yorker, gli esperti prevedono che entro il 2030, due terzi di tutti i casi di furto di identità riguarderanno la condivisione. Condividendo incautamente le immagini dei bambini online, i tutori rischiano di esporre involontariamente i bambini alla profilazione da parte di intermediari di dati, hacking, riconoscimento facciale, pedofilia e altre minacce alla privacy e alla sicurezza». La parte più importante della campagna della telco tedesca è l’inquietante, ma efficacissimo,spot deepfakeA Message from Ella,che attraverso l’esempio di una famiglia comunemette in scena, estremizzandolo,un esperimento sociale che potrebbe benissimo essere realtà, visto che le tecnologie per renderlo concreto sono ormai disponibili da tempo. Usando solo una foto di Ella, una bambina di 9 anni i cui genitori condividono continuamente foto e video suo propri social, grazie all’intelligenza artificialeviene creata una versione cresciuta. Ed è proprio la bambina ormai donna a spiegare ai suoi genitori, come il fantasma del Natale futuro,i rischi a cui la stanno esponendo, senza saperlo. Il suo monologo riassume, in poco più di un minuto, quello che in fondo dovremmo sapere già ma sembriamo incapaci di immaginare. «Incredibile cosa la tecnologia può fare oggi. Bastano un paio di foto, come quelle che condividete sui social. Ma possono essere prese e utilizzate… da chiunque. Lo so, per voi queste immagini sono solo ricordi ma per altri sono dati e per me forse l’inizio di un futuro orribile. Un futuro dove la mia identità può essere rubata, dove potrei andare in prigione per cose che non farei mai. Immaginate che la mia voce venga copiata digitalmente per truffarti, mamma. [finta registrazione digitale ‘Mamma sono nei guai, ho bisogno che tu mi mandi dei soldi’]. Vi prego, non voglio diventare un meme umiliata da tutti a scuola [compagno che dice ‘uccidi, f*****a sfigata’]. E sicuramente non voglio [pausa] QUESTO. [segue l’immagine di una bambina al mare condivisa come contenuto pedopornografico]. Quello che condividete online è come un’impronta digitale che mi seguirà per il resto della mia vita. Ve lo dico perché so che mi amate e non fareste niente per ferirmi. Quindi per favore Mamma, per favore Papà, proteggete la mia privacy virtuale». Ella, però, non parla solo per sé. Il primo deepfake virtualmente invecchiato di una bambina in modo che possa agire e discutere come una donna adulta, infatti,rappresenta un’intera generazione di bambini.Una generazioneche dobbiamo tutelare, come finora non abbiamo fatto, partendo dall’educare “i grandi” all’uso consapevole di strumenti che utilizzano ogni giorno.

Redazione

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