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Crisi del clima e deforestazione: i leader dell’Amazzonia vogliono dire la loro

 

Nel cuore dell’Amazzonia in questi giorni si è celebrato il compleanno del leader indigeno dei Kayapo,Raoni Metuktire.Quella che doveva essere la festa per uno dei rappresentati più iconici delle tribù dell’Amazzonia, del quale non è nemmeno certa l’età (compie 91 anni ma secondo alcuni sono di più), è stata l’occasione per diversi gruppi, tra cui Kayapo, Yanomami, Munduruku, Xipaya, Xikrin, Krenak, Wapichana, Guajajara, Paiakan, Arara e Panará,per ragionare sul ruolo degliindigeninella lotta alsurriscaldamento globale. Da tempo i rappresentanti dei popoli originarichiedono di avere più peso nel processo decisionalerelativo alle questioni climatiche e forestali: quandoLuiz Inácio Lula da Silva, con tanto di promesse a loro favore, è salito lo scorso anno al potere molti leader indigeni hanno pensato in un reale cambiamento. Se da una parte arretra (anche se di poco) la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana, sono però ancora poche le occasioni per le popolazioni indigeni dicontare davvero nei negoziati e i processi decisionali per il clima e la salvaguardia delle foreste. Di questo, della necessità di contare di più, i leader hanno parlato durante la festa-raduno a Piaraçu, un villaggio nello stato del Mato Grosso, dove ci si attendeva anche la presenza di Lula che però alla fine non ha partecipato. Tra le emozioni prevalenti durante l’incontro, racconta a esempio ilThe Guardian, c’è stata una certa ansia, unapreoccupazione generale sia per gli effetti della crisi del clima sia per la lentezza di alcune politiche di protezione delle foreste.I popoli indigeni chiedono infatti di essere ascoltati e di poter condividere a livello globale le loro conoscenze per la salvaguardia della natura. Riflessioni, quelle di Piaraçu, necessarie in questa fase di transizione: a breve la leadership Kayapo verrà a esempio rinnovata e il tutto in vista di due eventi importantissimi per quei territori: il vertice dell’Amazzonia del mese prossimo con i leader di Brasile, Colombia, Perù, Bolivia, Venezuela, Guyana, Guyana francese e Surinamee la Cop30, Conferenza delle parti delle Nazioni Unite nel 2025 che si terrà proprio in Amazzonia. Come ha spiegato Raoni gli indigeni dovrebbero meritare qualcosa di più del semplice status di osservatori durante gli incontri che contano: «Sto aspettando la possibilità di partecipare. Quando i leader nazionali promettono di discutere di questo problema, noi indigeni li ascoltiamo. Ma discutiamo anche di queste cose tra di noi e abbiamo idee su come fermare la distruzione della foresta», ha detto Raoni in rappresentanza di quasi 1 milione di indigeni. Durante la riunione sono stati sottolineati anche diversi aspetti positivi, come la delimitazione delle terre, la spinta a fermare le miniere illegali e i progressi nelle politiche disboscamento, anche se molti di questi passaggi sono stati “lenti” in un contesto dove il cambiamento climatico corre veloce (a Piaraçu questa settimana la temperatura è salita a 46°C, ben al di sopra delle norme). Anche Davi Kopenawa Yanomami, grande leader spirituale del più grande territorio indigeno del Brasile, ha espresso preoccupazione per la crisi climatica e rabbia per la mancanza di sostegno al suo popolo da parte dello Stato. «Se il governo non riesce a risolvere questo problema, siamo pronti ad andare in guerra», ha ricordato parlando delle diatribe con i minatori che disboscano e distruggono le loro terre. Un messaggio che il leader avrebbe il piacere di portare alle autorità di tutto il mondo in un faccia a faccia, che però ancora tarda a venire. «Non voglio solo inviare loro un messaggio. Devo guardarli negli occhi», ha detto Davi Kopenawa. Più in generale, nel riconoscere passi avanti compiuti (per esempio le donne che stanno assumendo più posizioni di leadership), prima di una notte di canti e balli i capi hanno ricordato la necessità di ottenererisposte concrete da parte del Governo sull’espulsione dei minatori illegali. Un desiderio, quello di vedere le terre amazzoniche libere dalle ingerenze dei minatori, che Raoni coltiva da anni, ma come ha fatto capire lui stesso durante le celebrazioninon è molto il tempo rimasto a sua disposizione. Ringraziando i presenti, il capo dei Kayapo si è poi lasciato andare in un piccolo affondo contro l’assenza di Lula: «Mi aveva detto che avremmo parlato dei territori che non sono stati delimitati. Non l’ho dimenticato. Non sono un bambino. Siamo della stessa generazione. Siamo adulti. Prima di diventare troppo vecchi, dobbiamo parlare delle terre indigene affinché la nostra gente possa vivere in pace», ha concluso il leader amazzonico.

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