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Lavoro e maternità: il problema è anche geografico

 

Gli Italiani sono sempre più vecchi.L’età media della popolazione è di 48 anni. Il rapporto tra persone over 65 e persone in età lavorativa è del 37,5%, il più alto d’Europa. In Italia non si fanno più figli.In media si diventa madria 32 anni e mezzoe quando si fanno, se ne fanno meno: la media è di 1,25 figli per donna. In Italia nel 2022 i decessisono stati,secondoIstat,713.000mentre i nuovi nati 393.000. Un disavanzo di 320.000 unità. Un problema che inevitabilmente pesa da un punto di vista sociale, politico ed economico sul nostro Paese; infatti, la presidente Giorgia Meloni definisceprioritario il problema natalità. Forse, però, dobbiamo fare un passo indietro e capire le ragioni che si celano sotto questo fenomeno, perché avere unfigliooggi non è cosa da poco. Diventaregenitoriè senz’altro un evento che sconvolge la propria vita: aggiunge nuove emozioni, porta a nuove scoperte, ma obbliga anche la ricerca di un nuovoequilibrio tra vita professionale e gestione familiare. Dopo la maternità, le donne hanno maggiori difficoltà a mantenere il proprio posto di lavoro e finiscono per essere meno presenti dei colleghi uomini. Secondo l’ultimo focusAdEPP(Associazione degli Enti Previdenziali Privati),il 59% dei lavoratori supera le 8 ore in ufficio contro il 40% delle donne, mentre a lavorare per un tempo compreso tra le 6 e le 8 ore sono il 33% di professioniste e il 25% dei colleghi uomini. Nell’ultimo decennio, in Ue la percentuale didonne con contratto part-timeè oscillata tra il 31% e il 33%, mentre rimane più o meno stabile la percentuale maschile fissa all’8%. Preparare la colazione, accompagnare e riprendere i bambini a scuola, portarli ai controlli medici o a casa dell’amichetto o dell’amichetta per giocare. Fare la spesa, la lavatrice, stirare, cucinare, lavare i piatti. E lavorare. È tutto a carico delle donne. Dall’indagineAdEPPsi conferma undivario nelle faccende domestiche tra maschi e femmine. Alla domanda: “Chi si occupa maggiormente dei figli?” La risposta “Il coniuge” è stata fornita per il 55% da uomini e per il 17% da donne. Linda Laura Sabbadini, ex direttriceIstat, evidenzia come questi dati facciano emergere una realtà che accomuna moltedonne lavoratrici:per loro, diventa difficile perseguire il proprio percorso lavorativo, o quanto meno nel modo da loro desiderato. Il risultato è che«In Italia metà delle donne non hanno indipendenza economica e autonomia. Siamo il Paese che nella classifica europea è ultimo per tasso di occupazione femminile e il peso che ha una donna con o senza figli in Italia è maggiore rispetto a Germania e Francia ma anche alla Grecia»spiega Sabbadini. Questo anche perchémancano servizi adeguati in grado di sostenere le famiglie, primi tra tutti gliasili nido. Nel 2002 erano stati fissati 2 obiettivi fondamentali: garantire entro il 2010 una copertura di assistenza all’infanzia pari al 90% nella fascia 3 – 6 anni e pari al 33% nella fascia 0 – 2 anni. Tuttavia, in Italia abbiamo raggiunto solamente il primo. Tra il 2019 e il 2020 ad aver avuto accesso agli asili nido è stato il 26,9% dei bambini al di sotto dei 2 anni,con grandi differenze nelle varie aree della penisola. Solamente lo scorso anno nel Centro Italia e nell’area Nord Est sono stati raggiunti gli obiettivi target del 2002 (rispettivamente con il 36,1% e il 35%); si avvicina, invece, il risultato nell’area Nord-Ovest (30,8%), mentre al Sud e nelle Isole, nonostante un leggero incremento, la percentuale rimane comunque al di sotto del 16%. Assenza di strutture e costi troppo elevati(un asilo pubblico in Italia costa in media311 euro al mese) che si riversano irrimediabilmente sulle famiglie e che spingono verso una scelta:sacrificare il lavoro di un genitori. Scelta che, nella maggior parte dei casi, si basa su un criterio economico:mantenere l’entrata maggiore e più sicura.Entrata che, generalmente, coincide con quella maschile e che costringe le donne ad abbandonare il proprio posto di lavoro oppure a mantenerlo, accettando però orari ridotti e allontanando qualsiasi prospettiva di carriera. Il focusAdEPPpone l’accento anche sul problema geografico.Essere genitori al Nord o al Sud non è la stessa cosa.A Settentrione ci sono più asili nido,ma è anche più facile trovare una baby sitter o centri ricreativi, mentre nel Meridione il carico si riversa quasi esclusivamente sulla famiglia. La maggior parte degli intervistati daAdEPPidentifica, infatti, il gap geografico un problema urgente che necessità di essere affrontato con la massima priorità, perché senza una base unitaria da cui partire colmare il divario di genere rappresenta una sfida ancora più difficile. I dati, però, ci dicono che questa sfida non può essere rimandata. Cambiare prospettiva e insistere sulle ragioni alla base del fenomeno, altrimenti come sottolinea la rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, Antonella Polimeni: «Il problema della denatalità non lo affronteremo mai se non capiamo che il lavoro femminile è Prodotto interno loro».

Redazione

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