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Immigrazione: le difficoltà dei minori a Lampedusa

 

La maggior parte delle volte se ne parla solo quando la notizia non può passare inosservata; quando decine o, peggio, centinaia di migranti sono morte risucchiate dalMediterraneo, spesso a causa di ritardi e inefficienze da parte di chi dovrebbe fornire soccorso: parliamo di sbarchi e, in particolare, di quelli che, in maniera costante, stanno affollando ilporto di Lampedusa. Qualche giorno fa erano2.241 gli ospiti dell’hotspot di Lampedusa;700 sono stati trasferiti a Cala Pisana per essere imbarcati sulla nave militare Dattilo (che farà rotta verso Catania e Angusta);altri 400 circa verranno imbarcati sul traghettoLampedusache si sposterà verso Trapani e da lì verrannosmistati e smistate tra Emilia-Romagna, Veneto, Campania, Lombardia e Liguria. Ma glisbarchinon si fermano: infatti, solo nella notte del22 luglio, gli approdi hanno raggiunto soglia 17, per un totale di698 persone. E ancora 15 la notte successiva. Ma a soffrire maggiormente questa condizione precaria e itinerante sono iminori non accompagnati.Fino a qualche giorno fa, infatti,si contavano910 bambinirimasti per giorni, spesso settimane, nell’hotspot, nella struttura di Contrada Imbriacola; lunedì 24 luglio,170 minorenni ospiti della struttura sono stati accompagnati dalla Polizia all’aeroporto, per essere trasferiti a Bari.La scorsa settimana, poi, 14 ragazzi hanno cercato di allontanarsi per fuggire (senza successo) dall’hotspot. Queste condizioni diincertezza, paura, rabbia alcune volte (insieme all’idea di dover rimare in strutture stracolme con le temperature record di queste settimane) contribuiscono ad alimentare un clima ditensionee possibilirisse,come quella avvenuta qualche giorno fa all’interno dell’hotspot di Lampedusa, che ha visto coinvolti minori provenienti daTunisia e Sudan. IlSudan del Sudsta vivendo una dellecrisi umanitariepiù gravi del mondo, a causa di una guerra che dura da 4 anni: è proprio questa violenza la ragione principale degli esodi di massa, che porta la popolazione civile a spostarsi anche verso altri Stati. Ma la maggior parte dei minori (tra bambini e bambine, ragazzi e ragazze che hanno 12 o 13 anni) partono dalla Tunisia e, soprattutto,dalla zona Subsahariana dell’Africa. Di Tunisia si è parlato molto nelle ultime settimane, per ilmemorandum d’intesa siglato con l’Ue che, tra i vari temi, si concentra sull’immigrazione. L’obiettivo europeo è diminuire il numero degliarrivi irregolari, anche in Italia: nel 2023, infatti, oltre il 50% delle partenze verso le coste italiane è avvenuto dalla Tunisia, invertendo un trend che ha visto per anni la Libia come il principale punto di partenza nel Mediterraneo Centrale. L’accordo risulta quindi simile a quello stipulato nel 2016 con la Turchia, poi con la Libia nel 2017: accordi che, però, stando ai dati, non hanno effettivamente contribuito a migliorare la situazione. Infatti, nel2023si è registrato unaumento degli arrivi irregolari: sono, infatti, circa80.000 le persone sbarcate attraverso il Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Il copione sembra essere molto simile anche per quanto riguarda le condizioni in cui versano le persone migranti in questi Paesi: come in Libia, infatti, anche inTunisiaspessodonne, uomini e bambini, sono costretti e costrette a sopportarecondizioni disumane,spesso paragonabili a vere e proprie forme di tortura. Proprio in Tunisia, il presidente Saied sta alimentando una forte ondata di razzismo nei confronti delle persone provenienti dalla zona subsahariana dell’Africa: il motivo, ancora una volta, è la sostituzione etnica.

Redazione

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