Cinquanta fotografie, scattate in un arco temporale di sedici anni, catturando i volti di chi ha vissuto sulla propria pelle un conflitto e tutto ciò che si porta dietro. Prima laminoranza serba sfollata in Croazianegli anni Novanta, poi irifugiati in Medio Orientee imigranti in Europa. Il lavoro diIvor Prickett, fotoreporter irlandese, classe 1983, che vive e lavora a Istanbul, è esposto in una mostra fotografica intitolataNo Home from War: Tales of Survival and Loss, la prima in Italia a raccogliere i suoi scatti. LaCollezione Maramottidi Reggio Emilia ospita le sue fotofino al 30 luglio, in occasione del festival diFotografia Europea 2023dal titoloEurope Matters. Visioni di un’identità inquieta.Si tratta della più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino a oggi.L’ingresso alla mostra è gratuito.Le immagini seguendone la cronologia accompagnano i visitatori in vari scenari di conflitto dal 2006 al 2022. 2010, Gali, Abkhazia. La madre di Tengo Inalishvili prepara una pasta piccante di peperoncini secchi nella casa di famiglia nel villaggio di RechxiCredit: Dalla serie “Returning Home – Abkhazia”, Ivor Prickett 2006, Jurga, Croazia. Slavica Eremic nutre il suo bambino Nikola mentre il marito Nebojsa dorme.Credit: Dalla serie “Returning Home – Croatia”, Ivor Prickett Beqaa, Libano. Rifugiati siriani che vivono a Fayda, insediamento di tende nella valle della Beqaa in Libano, stanno in piedi, fuori dalle loro baracche, di fianco a un canale di acqua inquinataCredit: Dalla serie “Seeking Shelter. Part I – East”, Ivor Prickett 2010, Gali, Abkhazia. Una donna georgiana di Minarelia aspetta di vendere un maiale al mercato di GaliCredit: Dalla serie “Returning Home – Croatia”, Ivor Prickett Dopo gli studi inDocumentary Photographypresso l’Università di Wales Newport (UK), Prickett ha iniziato a occuparsi di Europa e Medio Oriente con l’urgenza direstituire e denunciare gli effetti delle guerre sulla popolazione civile, sulle vite delle persone devastate e sradicate, a prescindere dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento. Nei suoi scattila dimensione domestica è centrale: la casa è spazio reale e luogo interiore primario di protezione, appartenenza e radicamento, che ritorna, in diverse configurazioni. Il lavoro di Prickett parte, infatti, da una dimensione intima e dalleconseguenze sociali e umanitarie dei conflitti nel lungo periodo, spostandosi nei luoghi di migrazione forzata e nelle terre di ricercato rifugio, fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento. Dal 2006 al 2010il fotogiornalistaè nei Balcani e nel Caucaso, dove si concentra soprattutto su singoli individui e su piccoli gruppi familiari come nuclei di resistenza e tentativi incarnati di ri-esistenza.Tra il 2013 e il 2015è testimone della crisi umanitaria derivata dalla guerra inSiria, della fuga di milioni di profughi in Medio Oriente e dimigrantiin Europa. Poi scatta in prima linea al seguito deicontingenti militari iracheni in Siria e Iraq, dove documenta la guerra contro loStato Islamico (ISIS). Infine, con lo scoppio della guerrain Ucrainanel 2022, l’occhio di Prickett si sofferma sul crollo degli edifici e sul vuoto prodotto dai bombardamenti, aprendo uno squarcio sull’atrocità della situazione bellica in corso oggi in Europa.
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