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Le (assurde) tensioni geopolitiche causate da Barbie

 

Il filmBarbiediretto da Greta Gerwig, che uscirà nelle sale italiane il 20 luglio 2023,negli Usa sta facendo infuriare i Repubblicani. Poteva essere prevedibile che a innescare la miccia della polemica fosse il claim femministaShe’s everything, he’s just Ken(“Lei è tutto, lui è solamente Ken”); e invece,a causare controversie, è una mappa checompare nella pellicola e cheraffigurerebbe il Mar Cinese Meridionale con i confini che pretende la Cina, cosa non piaciuta a politici comeTed Cruz, cheha twittato: “I guess Barbie is made in China” (“Suppongo che Barbie sia fatta in Cina”). I territori della discordia sono contesi tra laCina, che li rivendica come suoi, e ilVietnam, che sempre a causa della mappaha vietato il filmsu tutto il territorio nazionale.Anche le Filippine stanno riflettendo in merito a un’eventuale censura, visto che le aree marittime sono rivendicate da Taiwan, Filippine, Brunei, Malesia e Vietnam. LaWarner Broshareplicatodicendo chela linea tratteggiante a nove trattipresente nella mappa alle spalle di Barbie, all’origine delle polemiche, «simboleggia solamente il sentiero che dovrà percorrere Barbie dal suo mondo al mondo reale», e che non ci fosse nessun altro tipo di messaggio dietro a essa, masecondo il Repubblicano Mike Gallagher, la presenza di illustrazioni che ricordano le pretese territoriali delPartito Comunista Cinese«mostra la pressione subita da Hollywood per mano dei censori del PCC». Nel 2019, la rappresentazione della medesima linea a nove tratti fu la ragione del divieto di proiezione nelle sale in Vietnam e nelleFilippinedel filmUncharted, remake del celebre videogioco, con Tom Holland a interpretare un giovane Nathan Drake. La stessa sorte toccò aAbominable(Il Piccolo Yeti), prodotto daDreamworks, che si rifiutò di tagliare una scena contenente la controversa linea. Non c’è ovviamente niente di serio in queste accuse verso Barbiee laWarner Bros. Si tratta solo dell’ennesimo tentativo della destra americana, supportata daFox News,ditenere alta la tensione traUsae Cina;è tuttavia curioso che dopocontroversie analoghe sul sequel diTop Gun, un altro dei simboli del soft power americano venga accusato di fare propaganda per altri Paesi e di essere una minaccia per la sicurezza nazionale. Emblematica in questo senso è la dichiarazione di Jim Banks, membro Repubblicano alla Camera dei Rappresentanti per lo Stato dell’Indiana: «Abbiamo sconfitto l’Unione Sovietica con Coca Cola, Levi’s e James Dean. Abbiamo bisogno della superiorità nel soft power tanto quanto della superiorità militare per vincere la nuova guerra fredda con la Cina, e questo è impossibile con Hollywood che lavora al fianco del Partito Comunista Cinese». Secondo l’inchiesta diPolitico, infatti,il Pentagono avrebbe posto ai movie studios l’obbligo di non cedere alle censure cinesicome condizione per fornire qualunque tipo di assistenza necessaria ai registi. Definire la questione come un episodio dicancel cultureè fuorviante: si tratta semplicemente dell’ennesimo caso in cui i Governi cercano di affermare o dimantenere l’egemonia culturale attraverso i prodotti pop. Barbie è dunque comunista?Con ogni probabilità no, visto che le bambole di plastica non hanno teoricamente ideologie politiche, ma questo lo scopriremo solo nelle sale cinematografiche. La vera domanda è: quante vendite farebbe una bambola di Barbie in versione esperta di geopolitica?

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