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Afghanistan: chiudono anche i saloni di bellezza per le donne

 

Prima sono state le scuole secondarie femminili. Poi leuniversità, i parchi,le palestre e i circoli sportivi, e per mesi le donne in Afghanistan non hanno potuto lavorare negli uffici delle Ong. L’ultimodivietoche i talebani hanno inflitto alleafghaneriguardai saloni di bellezza: martedì 4 luglio il portavoce del ministero per la Prevenzione del Vizio e la Propagazione della Virtù, Mohammad Sadiq Akif, ha confermato il contenuto di una lettera datata 24 giugno che trasmette un ordine verbale del leader supremo, Hibatullah Akhundzada. Il divieto riguarda la capitale Kabul e tutte le province afghane, e dà ai saloni di tutto il Paese un mese di preavviso per chiudere le loro attività: la scadenza è fissata per il 27 luglio. Dopo questa data, dovranno abbassare le serrande e presentare una relazione riguardo la lorochiusura. La lettera, che non dà alcuna motivazione del veto, arriva pochi giorni dopo che Akhundzada ha dichiarato che il suo Governo ha adottato le misure necessarie per migliorare la vita delle afghane, ripristinando i diritti delle donne “come esseri umani liberi e dignitosi” in Afghanistan. Ha aggiunto che “gli aspetti negativi degli ultimi 20 anni di occupazione” da parte del regime guidato dagli Stati Uniti e dalla Nato, legati “all’hijabe alla cattiva guida delle donne, finiranno presto”. Dopo aver appreso la notizia,la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan(United Nations Assistance Mission in Afghanistan)si è rivolta a Twitterper chiederealle autorità di fatto di sospendere la norma, che secondo l’Unama“avrà un impatto negativo sull’economia e contraddice il sostegno dichiarato all’imprenditoria femminile”. L’organizzazione “rimane impegnata con le parti interessate che cercano di revocare i divieti”. All’Associated Pressla proprietaria di un salone di bellezza, che non ha voluto essere nominata né menzionare il nome del suo negozio per paura di rappresaglie,ha raccontatodi essere l’unica fonte di sostentamento della sua famiglia dopo la morte di suo marito in un attentato con autobomba nel 2017. Nel suo salone di bellezza si recano ogni giorno dalle 8 alle 12 donne. «Perché prendono di mira solo le donne? Non siamo forse umani? Non abbiamo il diritto di lavorare o di vivere?», ha domandato all’agenzia. I saloni di bellezzasono sorti a Kabul e in altre città afghane nei mesi successivi alla cacciata dei talebani dal potere alla fine del 2001. Quando sono tornati, ad agosto del 2021, hanno promesso un Governo più moderato rispetto a quando avevano governato negli anni ‘90. I saloni di bellezza sono rimasti aperti, offrendo ad alcune donne un lavoro e ai clienti i loro servizi. Si tratta di negozisolitamente riservati alle donne, con le vetrine oscurate in modo da non mostrare i clienti all’esterno. AllaCnnun’altra donna, che non ha voluto dare il proprio nome,ha dettodi non capire «perché i saloni di bellezza dovrebbero essere vietati.Nessuna donna sta mostrando il viso truccato all’esterno.Indossano già l’hijab in pubblico. Questa mossa non solotoglierà il reddito a tante famiglie,ma priverà ulteriormente le donne dei loro diritti e della loro libertà» Secondo Sahar, una residente di KabulintervistatadalGuardian, «le donne non sono ammesse nei parchi, quindi (il salone di bellezza,ndr)era un buon posto per incontrare le nostre amiche.… era un buon motivo per vedersi, per incontrare altre donne, altre ragazze e parlare di problemi.Ora non so come incontrarle, come vederle, come parlarci… Penso che avrà un grande impatto su di noi e sulle donne di tutto l’Afghanistan». Nel rapportodelle Nazioni Uniterilasciato a metà giugno, i funzionari Onu hanno spiegato che i talebani hanno commesso“gravi violazioni sistematiche dei diritti delle donne”, limitando il loro accesso all’istruzione e al lavoro e la loro capacità di muoversi liberamente nella società”. Inoltre, hanno sottolineato “la resilienza e la forza delle donne afgane di fronte a tali condizioni repressive”. La chiusura dei saloni di bellezza diminuirà ulteriormente le loro libertà.

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