Un effetto collaterale della digitalizzazione è laproduzione e registrazione di una quantità enorme di dati. Questo può generare un valore economico tutt’altro che collaterale. Indubbiamente, il pensiero corre subito al gigantesco potere che le piattaforme per il commercio elettronico e i network sociali hanno potuto accumulare,rivendendo elaborazioni di dati personalia inserzionisti pubblicitari e aziende di ogni genere. Ma un valore potenzialmente persino più grande può essere generatotrattando dati non necessariamente personali, raccolti da macchine che funzionano in rete nel quadro dell’internet delle cose. I robot usati nelle fabbriche, lebici elettriche, i sistemi di climatizzazione degli edifici e mille altri oggetti generano dati chepossono servire alla mobilità sostenibile, alla gestione dell’energia, all’agricoltura di precisione e a molte altre attività. Le imprese europee, però, hanno bisogno della massima chiarezza normativa per potersi lanciare nell’economia dei dati. Devono sapere quali utilizzi dei dati, per esempio, non sono soggetti alle regole che proteggono la privacy. I dati non sono tutti personali, ma nell’incertezza, qualche azienda potrebbe essere tentata di non usarli per non sbagliare. La strategia digitale europea ha imboccato da tempo una strada complessa: da una parte vuoleproteggere i diritti umani nel contesto della società digitalizzata, dall’altra partevuole alimentare la crescita dell’economia. E quindi dopo avere introdotto il regolamento per la protezione dei dati personali sta lavorando per ulteriori regolamenti che liberino l’iniziativa imprenditoriale senza limitare la privacy delle persone. Il processo per arrivare all’approvazione delData Actha fatto un passo avanti decisivo con l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento e il Consiglio europeo, sulla base di un testo inizialmente predisposto dalla Commissione. Ora l’atto deve essere formalmente firmato e pubblicato sull’Official Journal: poi scatteranno i 20 mesi previsti per l’entrata in vigore del regolamento. Intanto, dopo l’estate, entrerà in vigore ilData Governance Act. Le due normative insieme creano unmercato fluido dei dati non personali nell’Unione, favoriscono una equa distribuzione dei vantaggi che cittadini e imprese ne possono trarre, garantiscono una tendenza alla interoperabilità delle macchine e combattono dunque il lock-in nel quale certe tecnologie tendono a chiudere i loro utilizzatori. Alcuni aspetti di tutto questo possono essere davvero decisivi. La standardizzazione dei dati e l’interoperabilità, in particolare, dovrebbero creare condizioni molto favorevoli per l’iniziativa delle aziende europee che non sono diventate leader finora nell’economia dei dati ma che potrebbero recuperare quote di mercato con i loro prodotti più competitivi se non dovesserocombattere contro giganti che proteggono il loro monopolio con artifici tecnologici. D’altra parte alcuni settori particolarmente adatti all’industria europea potrebbero ricevere una spinta decisiva per innovare con lacreazione di spazi di buon governo dei dati: si può pensare allospazio europeo dei dati sanitari che creerà vantaggi per i cittadini e le imprese senza infrangere la privacyproprio in uno dei settori che potrebbero apparire più sensibili: in questo modo si può immaginare la forte crescita dell’uso dellatelematica nella medicina, si può lavorare alla massimizzazione dell’efficienza delle infrastrutture sanitarie, si possono elaborare strategie di sviluppo di forme di cura personalizzata, in un contesto nel quale i cittadini possano essere certi che i loro dati non saranno usati contro i loro diritti. Analogamente, si svilupperanno spazi sicuri nella mobilità, nell’agricoltura di precisione, nella gestione ambientale, nella pubblica amministrazione. Ovviamente, la qualità dei dati diventerà anche fondamentaleper lo sviluppo dell’intelligenza artificialeeuropea. In fondo, molti rischi connessi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale sono provocati dalla dubbia qualità dei dati in base ai quali i modelli dell’automazione cognitiva vengono allenati. In un contesto che cambia tanto velocemente, è chiaro che le norme vanno pensate in modo dinamico. Il che non è per niente facile e richiede una forte capacità innovativa. Ma in questo caso più che criticare la lentezza del processo di generazione e adattamento delle norme, come non senza ragioni si fa molto spesso, occorre anche vedere come e quanto il sistema delle imprese europee coglierà le opportunità offerte dal Data Act e dalData Governance Act. Perché l’idea di costruire un’economia dei dati che crei svilupposenza sfruttare le persone e infrangere i loro dirittiè un’ottima idea: ma solo se ci sono imprese che la interpretano e la fanno diventare valore. I giganti americani hanno vinto anche sfruttando appieno le caratteristiche del loro sistema normativo liberista. L’ipotesi è che gli europei possano investire meglio in un contesto di standard e di regole certe. Il tempo di vedere se l’ipotesi è corretta si avvicina.
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