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Debiti nazionali e ricchezza globale: divario cresciuto dal 2000

 

Secondo il nuovo report delMcKinsey Institute, tra i più importanti istituti di analisi economici e di consulenza aziendale, negli ultimi 20 anni èaumentatoil divario tra lacrescita dei debiti pubblici nazionalie laricchezza finanziaria globale, soprattutto nel ritmo di crescita (ovvero: il Pil, la produzione interna a un Paese, è aumentato a ritmi piuttosto lenti mentre i debiti sono continuati a crescere a dismisura). L’apice è stato raggiunto l’anno scorso, con una ricchezza perduta a causa dell’instabilità economica mondiale di circa8 trilioni di dollari.Il futuro dell’economia globale dipenderà soprattutto dalle politiche fiscali e finanziarie degli Stati, a cui si agganciano la crescita della produzione nazionale e di conseguenza i tassi di interesse e, dunque, anche l’inflazione. Tra i vari dati del report, se ne legge uno piuttosto allarmante:le economie del G7(le più importanti al mondo: Italia, Germania, Usa, Canada, Giappone, Regno Unito e Francia) hanno sperimentato un significativorallentamento della propria crescita economica dal 2000a oggi. Al contrario,nellearee emergenticome l’Africa, Paesi come Senegal, Niger o Etiopia mostranoprevisioni di crescita del Pil annuo superiore al 5%(anche se quiil debito pubblico rimane altissimo, specie nell’Africa Sub-Sahariana). Ilcontinente asiatico rimane motore trainante,anche se in questo caso i Paesi di riferimento stanno iniziando a subire i contraccolpi di una crescita senza freni. Caso lampante è quello cinese, che nel 2000 avviò la sua seconda grande espansione economica dalle aperture al mercato globale sotto Deng Xiaoping, registrando in quell’anno un +8,5% e arrivando, subito prima dell’anno delle sue Olimpiadi, a toccare un +14,7% che segnò l’ascesa definitiva del “dragone” ai primi posti dell’economia globale. Negli ultimi 10 anni, i tassi di crescita sono stati sempre più bassi, ovviamente con unpicco negativo durante gli anni Covid(periodo nel quale comunque il tasso di crescita del Pil è rimasto al 2,2%) e arrivando al 2022 con un 3% annuo di crescita. LaCina, come anche l’India (altro caso di grandi espansioni e di costanti sbalzi di crescita), è un caso in cui a un aumento della produttività corrispondono ancheaumenti dell’inflazione, che tuttavia vengono gestiti e ammortizzati. Il futuro, fatto di una produttività sempre meno crescente, ci dirà se questo clima “mite e pacato” continuerà, o se ci saranno nuovi cambiamenti (i casi geopolitici di Taiwan e dell’Ucraina, oltre che degli investimenti cinesi in Africa, in questo caso, saranno 2 variabili da tenere d’occhio). L’America Latinae l’Oceania, infine, meritano una parentesi speciale, a causa dei contesti estremamente variegati in termini di sviluppo e di produttività, oltre che di povertà. Tranne i casi del Messico (protetto dall’accordo commerciale delNaftacon Canada e Stati Uniti) e delle grandi economie australiane e neozelandesi, tutti sembrano mostrare dal 2000 al 2020 deilivelli di inflazione bassi e dei tassi di crescita interessanti,contenendo il debito pubblico. Che il nuovo traino della crescita mondiale sia da cercare proprio lì?

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