Scoprire di aver vissuto con un padre che non è il tuo, almeno biologicamente. È quello che sta succedendo a migliaia di adulti americani concepiti, a loro insaputa, con l’inseminazione artificialesoprattutto negli anni ‘80 e ‘90. Molti di questi ex bambini nati grazie alladonazione anonima di sperma(potrebbero anche essere 1 milione, ma è solo una stima) oggi hanno una chance dirintracciare il genitore biologicoattraverso lebanche del Dnache offrono l’analisi del patrimonio genetico a poco prezzo. Scambiandosi informazioni sui siti e gruppi social comeWe are donor conceived, intrecciano le loro coordinate genetiche con quelle di altri possibili fratelli o sorelle che sospettano o vogliono rintracciare le proprie reali origini. Il tema è stato sollevato nell’articoloapparso di recente sulWall Street Journalin cui si racconta la storia diTiffany Gardner,avvocata di Atlanta e attivista per il riconoscimento dei figli generati da donazione anonima. La donna ha avuto 3 padri: il primo è morto precocemente di malattia, il secondo è il compagno della madre e figura paterna che l’ha cresciuta, il terzo è stato scoperto grazie alle rivelazioni della mamma «quando ero incinta del mio terzo figlio: ha sentito il bisogno di dirmelo e per me è stato come cadere nel vuoto» racconta Tiffany al giornale. Tramite untest del Dnacon un’azienda trovata su Internet, l’avvocata ha potuto vedere i nomi delle persone che più si “matchavano” con lei. Non ha trovato solo il vero padre: l’azienda le ha fornito anche ilnominativo di un fratellocon il quale ha stretto poi legami fortissimi. Con ilgenitore biologico,dopo una frequentazione iniziale in cui hanno potuto riconoscere gusti e passioni artistiche simili, il rapporto si è interrotto per espressa volontà dell’uomo. Il punto, come evidenziato anche nell’approfondito intervento pubblicato dalla Gardner stessa sulMercer Law ReviewintitolatoForgotten Parties: Shifting the Focus of Donor Conception to Donor-Conceived Persons Through Reasonable Regulation,è proprio la garanzia dianonimatoche icentri di fertilità americani(passati da poche dozzine a centinaia nel giro di un paio di decenni) hanno offerto ai donatori e ai clienti stessi che non volevano far trapelare l’utilizzo di queste tecniche diriproduzione assistita. Una zona d’ombra e di privacy che ha protetto tutti tranne ifigligenerati dalle donazioni, che negliStati Unitinon godono di alcuna tutela legale, etica, economica. Anche se, diversamente da un tempo, “oggi i genitori sono fortemente incoraggiati a dire la verità; inoltre, con i test del Dna non potrebbero nasconderlo anche se lo volessero” riportaThe Atlanticinuna inchiestasui molti chiaroscuri dell’industria della fertilità. Un settore deregolato “chenon vede i figli né come suoi clienti né i suoi pazienti anche se è direttamente responsabile della loro esistenza”. L’inchiesta non manca di sottolineare come la poca trasparenza abbia permesso in passato di ricorrere a donazioni estemporanee di medici, studenti, uomini che hanno mentito riguardo la propria identità e cartelle cliniche con dati del tutto inutili. Oggi la segretezza si è dissipata perché “più donne single e coppie lesbiche hanno usato apertamente le banche dello sperma” scrive l’Atlantic. Anche il comitato etico dell’American Society of Reproductive Medicine(Asrm) incoraggia i genitori a dire la verità ai figli, così come i centri della fertilità ormai ordinano campioni di sperma congelato da banche che possono più accuratamente tracciare i donatori e limitare il numero di nascite a 25 su una popolazione di 800.000 persone. L’anno scorso Brittany Gardner ha promosso unalegge in Coloradoche obbliga i futuri donatori di sperma e ovuli arivelare la propria identità se i figli adulti chiedonole informazioni alle banche. Ma le leggi negli Stati Uniti sono disomogenee e orientate aproteggere più i donatorie i riceventi dei gameti che i figli che verranno. Nel suo essay, l’avvocata Gardner spiega che “nonostante la Società americana per lamedicina riproduttivaabbia riconosciuto come ogni persona abbia un interesse fondamentale a conoscere le proprie origini biologiche, nonostante il cambiamento delle norme sociali, l’aumento dell’uso e i progressi tecnologici, la donazione commerciale di gameti negli Stati Uniti rimane in gran partenon regolamentata o controllata”. Gardner fa anche il punto riguardo la situazione nel resto del mondo: “Oggi, Germania, Finlandia, Portogallo, Svezia, Regno Unito, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Austria, Norvegia, Svizzera, Irlanda, Uruguay, Argentina e gli Stati australiani dell’Australia Occidentale, dell’Australia Meridionale, di Victoria e del Nuovo Galles del Sud consentono a chi ha concepito da un donatore di identificare il donatore al compimento del 18° anno di età, o anche prima. Nel 2022 la Francia si è aggiunta alla lista”.
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