Ildiritto alla saluteè a rischio: è ciò chehanno denunciatola scorsa settimana i medici guidati dalsindacatoAnaao-Assomedin 39 città italiane.La richiesta dei manifestanti è diarrestare la deriva verso la privatizzazionedel Sistema sanitario nazionale e di frenare la fuga dei professionisti investendo sul personale, contro le liste di attesa e per il diritto alle cure. Mentre nella maggior parte delle Regioni gli ospedali faticano a gestire l’erogazione dei servizi, in molte strutture pubbliche, spesso vetuste e inadeguate,i posti letto per i ricoverati non bastano piùe l’attesa per l’accesso alle cure aumenta. Ma sono anche i medici a diminuire, e per chi rimane il carico di lavoro diventa massacrante. Secondo l’Annuario statistico del Servizio sanitario nazionale, in tutto lo Stivale sonodisponibili 4,3 posti letto ogni 1.000 abitanti.Dei 1.004 ospedali presenti nel Paese, inoltre, solo la metà sono pubblici: il 48,6% delle strutture è invece privato accreditato, cioè convenzionato con il Sistema sanitario nazionale. L’analisi dei dati relativi all’assistenza ospedaliera nel periodo 2016-2020 mostra che sia le strutture di ricovero pubbliche sia quelle private accreditate sono calate rispettivamente del 3,9% e dello 0,8%. L’analisi diCittadinanzattivaparla di unadesertificazione sanitariache colpisce ildiritto alla curada Nord a Sud. Nella provincia di Bolzano un medico di medicina generale segue circa 1.539 cittadini, sfondando la media nazionale di un medico ogni 1.245 pazienti e superando il numero limite fissato dalla normativa.Ad Asti e provincia mancano ipediatri: ogni professionista segue 1.813 bambini fino ai 15 anni, anche se la normativa prevede che ogni pediatra abbia in carico un massimo di 800 bambini. A Caltanissetta, poi, c’è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne, ma la sproporzione raggiunge livelli elevati anche a La Spezia, Macerata, Viterbo e in 3 province della Calabria. Al di là delle specificità territoriali,lo squilibrio più marcato tra il numero di medici e pazienti è maggiore in Lombardia, Piemonte e Friuli.Qui e in altre Regioni, il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede un intervento da 1 miliardo di euro per potenziare la rete di strutture sanitarie nelle zone del territorio più periferiche, dove i servizi di cura sono pressoché assenti. In queste zone, però,oltre 5 milioni di cittadini rischiano di rimanere comunque privi di assistenza. I fondi del Pnrr infatti mirano entro il 2026 a realizzare solo il 17% dei 434 ospedali necessari. Negli ultimi mesiin Italia oltre 5.000 medici si sono dimessi dal settore pubblico a causa del lavoro sottopagato, in media fino al 40% in meno rispetto a quello dei propri colleghi europei. Lo confermalo studio svolto daAnaao-Assomed, secondo cui uno dei motivi principali di fuga dei medici dalSistema sanitario nazionaleè la mancanza di crescita degli stipendi di fronte all’inflazione, “insieme alla marginalizzazione di un ruolo che li vuole costretti in matrici organizzative che trascurano le competenze e mortificano il merito”, scrivono gli autori. La ricerca del sindacato sembra inoltre dare ragione al report diCittadinanzattivaquanto al numero di professionisti disponibili: “in Italianon vi è carenza di medici intesi come laureatiin Medicina e Chirurgia, ma piuttosto dimedici specialisti”, spiegaAnaao-Assomed. Una carenza stimata a livello nazionale pari a circa 25.000 medici tra specialisti e non. Questo in parte accade perché molti posti nelle scuole di specializzazione restano vacanti. In particolare, su 30.452 contratti statali finanziati negli ultimi 2 concorsi di specializzazione (2021 e 2022), ben 3.907 (13%) risultano non assegnati, mentre sono stati 1.601 (5%) gli specializzandi che hanno interrotto il percorso, soprattutto nell’ambito dellamedicinad’urgenza. A lasciare sguarniti gliospedalisono anche imediciche, una volta conclusi gli studi, scelgono dilasciare l’Italia.Nel decennio 2008-2018 sono stati più di11.000i dottori che si sono trasferiti perspecializzarsi e lavorare fuori, soprattutto in Regno Unito, Svizzera e Francia. Ma secondo le stime, la mancanza di professionisti nel Paese raggiungerà ilpicco entro il 2025.Per i sindacati, la via per supplire al deficit del Sistema sanitario non è però quella di aumentare i numeri degli iscritti alle facoltà di Medicina, come di recente proposto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, quanto piuttostopotenziare i programmi di prevenzione e riformare modelli assistenzialiormai obsoleti.
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