Quando si parla diseconda generazionesi intende quella composta dacittadine e cittadini nati in Italia da personemigranti. Sonooltre un milione, secondo gli ultimi dati Istat. Bambine e bambini, ragazze e ragazziportatori di due o più culture, quella di provenienza dei genitori e quella del luogo in cui nascono, crescono, frequentano le scuole. Una condizione talvolta complessa che viene raccontata da molte scrittrici e scrittori di seconda generazione che, attraverso la narrazione letteraria, indagano la propria identità. Un tassello di questo filone è rappresentato dal libro autobiograficoAddio, a domani(Einaudi, p.192, 16€) diSabrina Efionayi, 23enne di origine nigeriana nata a Castel Volturno, in provincia di Caserta. Il suo è un doppio sguardo, che unisce il punto di vista culturale a quello individuale perchéEfionayi racconta delle sue due madri:Gladys, madre biologica arrivata in Italia dalla Nigeria a 19 anniquando non sapeva che illavoroche avrebbe svolto per sostenere la sua famiglia rimasta a Lagos sarebbe stato quello divendere il proprio corpo; eAntonietta, napoletana, che non immaginava che un giorno Gladys le avrebbe messo in braccio Sabrina, chiedendole di occuparsi di lei e di diventare sua madre. L’autobiografia è unviaggio introspettivo dell’autricein costante movimento tra Castel Volturno e Scampia, Prato e Lagos, cambiando lingua, famiglia mentre fa i conti innanzitutto con lacomplessità racchiusa nel nome che porta: Sabrina, come la figlia dell’aguzzina di Gladys, scelto per compiacerla e Efionayi, come un uomo che non è suo padre, ma che le ha dato un cognome. E con quel disagio che nasce dall’essere troppo italiana per la sua famiglia del Laos e troppo africana in Italia. È una storia di crescita e ricerca, daitoni sommessi e mai urlati, che pone una riflessione anche sullevittime di trattacome Gladys, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli allarmanti, diventando uno dei reati tra i più gravi a livello mondiale, nonché una delle forme di schiavitù moderna più diffusa del ventunesimo secolo, come lo ha definito l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Le vicende dell’autrice si inseriscono nella letteratura della diaspora postcoloniale: un fenomeno nuovo per l’Italia rispetto ad altri Paesi europei perché esploso da pochi anni.
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