Idisastri ambientalisi verificano da sempre. Con l’espressione “disastro ambientale” si vuole indicare un evento di vasta portata con effetti negativi sull’ambiente, sia per quanto riguarda gli equilibri naturali che per il funzionamento dei sistemi socioeconomici e politico-costituzionali delle comunità colpite. La maggior parte dei disastri ambientali haorigine antropica. Negli ultimi anni, però, si sta verificando un curioso fenomeno: sempre più persone colpite da queste tragedie sirivolgono ai tribunali per ottenere un risarcimento.Una tendenza sempre più diffusa, soprattutto in America, dove i risarcimenti possono raggiungere cifre elevatissime. Negli Usa già da diversi anni sono in atto alcune battaglie legali. È il caso diExxon Mobil Corporation, una delle principalicompagnie petroliferestatunitensi, che sta affrontando diverse questioni legali in gran parte degli Stati Uniti per l’accusa dicampagne ingannevoli relative al cambiamento climaticoe all’utilizzo dei loro prodotti, considerati nocivi. Per la compagnia petrolifera non è la prima volta: nel 2015, per esempio, era stata accusata di aver taciuto riguardo i rischi che icombustibili fossiliavrebbero provocato alPianeta, anteponendo gli interessi economici alla sua salvaguardia. Inoltre, lostudio pubblicato suSciencecontinua ad accusare il colosso petrolifero con ulteriori dettagli:dal 1977 al 2003,Exxonha studiato con attenzione i combustibili fossilie il rischio per il Pianeta, stabilendo con assoluta certezza la quantità massima di CO2 che si sarebbe potuta immettere per evitare danni. AncoraStati Uniti,per la precisione California, ad Huntington Beach: qui, a causa di unriversamento di circa 94.600 litri di petrolio, il proprietario di una conduttura sottomarina dovrà ripagare 1 milione di dollari per riparare ai danni provocati, ovvero spiagge e attività di pesca bloccate per diverso tempo o moria diuccellia causa della contaminazione. Al largo dellacosta australiana, invece, nel mar di Timor, nel 2009 si riversarono da un pozzo petrolifero quantità elevate dipetrolio. Questo provocò ingenti danni ambientali a livello faunistico, provocando anche disagi agli agricoltori indonesiani che videro i loro raccolti completamente distrutti. Soltanto negli ultimi mesi del 2022 si è riusciti ad arrivare a unpunto conclusivodopo che oltre 15.000 agricoltori indonesiani avevano intentato una battaglia legale contro la compagnia: è stato accettato unrisarcimento da parte diPttep Australasiapari a 192,5 milioni di dollari australiani, che equivalgono a 102 milioni di sterline. Per questo caso sono stati spesi più di 17 milioni di sterline. Risarcimenti anche inAfrica, dove lafiliale nigerianadiShellha accettato diversare circa 15 milioni di eurocome forma di risarcimento dopo il riversamento di petrolio nel delta del Niger, principale zona petrolifera della Nigeria, ma anche zona di pesca e coltivazione. In questo caso, il risarcimento è dovuto all’impatto sui raccolti delle comunità agricole, nonostante la multinazionale addossi le responsabilità ad atti di sabotaggio e furto. Un’altra multinazionale sotto accusa: si parla della spagnolaRepsol,contro la quale ilPerùha chiesto un risarcimentopari a4,5 miliardi di dollariper il danno ambientale provocato a gennaio 2022 dopo la fuoriuscita dipetrolio, circa12.000 barili. I danni sono stati enormi: oltre 18.000 metri quadrati di spiagge contaminate, uccelli e specie marine vittime della contaminazione, tanto da dichiarare lo stato di emergenza ambientale. Ci sarebbero tanti altri casi da segnalare, ma ciò che emerge è la chiara tendenza degli ultimi anni arivolgersi ai tribunali per chiedere maxi-risarcimenti.Che sia diventata unaquestione commerciale piuttosto che ambientale? È proprio questa, infatti, una delle preoccupazioni principali. Avanza sempre di più il timore che i finanziatori delle battaglie legali preferiscano avvicinarsi ai casi in base allaprobabilità di vittoria, puntando sul profitto economico anziché sulla questione puramente ambientale. Al tempo stesso, però, si vuole puntare a un vero e proprio cambiamento di atteggiamento dellemultinazionali. E in Europa come funziona? È presente una direttiva che fornisce tutte le linee guida per la questione dei danni ambientali: si tratta dellaDirettiva 2004/35/CE. Il principio che vi è alla base è quello del“Chi inquina, paga”,ma prima di tutto vi è l’obbligo, per coloro che svolgono attività potenzialmente pericolose per l’ambiente, di prenderemisure preventive. In Europa, comunque, il risarcimento deve puntare soltanto al ripristino, molto spesso anche estremamente articolato. In caso di danno al terreno, per esempio, il risarcimento deve servire perinterventi che eliminino il rischio sanitariodovuto alla contaminazione; in caso di danni a specie oppure ad habitat protetti o a corpi idrici, il risarcimento deve puntare allariparazione primaria, riparazione complementare e riparazione compensativa.
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